Il monitoraggio degli squilibri macroeconomici è uno degli strumenti di sorveglianza per il coordinamento delle politiche economiche affidati alla Commissione europea dopo la crisi finanziaria del 2008[1]. Secondo la definizione adottata, uno squilibrio è ogni tendenza che possa determinare sviluppi macroeconomici che hanno, o potrebbero avere, effetti negativi sul corretto funzionamento dell’economia di uno Stato membro, dell’Unione economica e monetaria o dell’intera Unione. Se lo squilibrio diventa eccessivo può mettere a repentaglio il corretto funzionamento dell’Unione economica o monetaria.
Il meccanismo di allerta per l’individuazione e il monitoraggio degli squilibri comprende un numero ristretto di indicatori macroeconomici e macrofinanziari (11 indicatori principali e 28 ausiliari).
L’attuale quadro di valutazione considera due aspetti fondamentali di un Paese (tavola 1):
- squilibri esterni e competitività (partite correnti, posizione patrimoniale netta sull’estero, tasso di cambio effettivo reale, variazione delle quote di esportazione, costi unitari del lavoro);
- squilibri interni (prezzi delle abitazioni, flusso dei prestiti nel settore privato, debito del settore privato, debito pubblico, tasso di disoccupazione e variazione delle passività del settore finanziario).
Per gli 11 indicatori principali sono state definite delle soglie indicative (massime e minime di allerta) utili per l’individuazione degli squilibri[2].
Ogni anno, a novembre, la Commissione europea pubblica uno scoreboard con i valori degli indicatori aggiornati all’anno precedente per ciascuno dei 28 paesi (18 dell’area euro e 10 non euro)[3], la cui analisi si sofferma solo sull’anno considerato. Tali numeri (tavola 2) sono presi a riferimento nella relazione sul meccanismo di allerta nell’ambito del Semestre europeo, per individuare gli Stati membri che saranno sottoposti ad analisi più particolareggiate e complete (in depth review) per poi formulare raccomandazioni specifiche in quei paesi in cui si riscontrano squilibri macroeconomici eccessivi[4].
Nel 2013, Cipro oltrepassa il valore di soglia per ben 6 indicatori, seguita con 5 da Grecia e Spagna, mentre Polonia e Romania superano i limiti consentiti solo in un caso su 11. In Italia si evidenziano 3 squilibri relativamente alla quota di mercato delle esportazioni di beni e servizi (-18,4%), al debito pubblico in rapporto al Pil (127,9%), alla media triennale del tasso di disoccupazione (10,2%).
Il superamento della soglia di un indicatore da parte di numerosi paesi evidenzia una situazione di criticità che riguarda l’Unione Europea nel suo complesso. Per effetto dell’avanzamento delle economie emergenti ben 17 paesi su 28 hanno perso più del 6% di quote di mercato delle esportazioni; 16 paesi hanno cumulato una esposizione patrimoniale netta in misura maggiore del -35% del Pil e altrettanti hanno un debito pubblico superiore al 60% del Pil; inoltre in 15 di essi il debito del settore privato è oltre il 133% del Pil e in 14 paesi il tasso di disoccupazione[5] medio triennale supera il 10%.
Il set di indicatori considerato non è sicuramente esaustivo per disegnare le possibili cause di squilibrio macroeconomico. Basti pensare all’assenza del “tasso di interesse sul debito pubblico” che condiziona la sostenibilità del servizio del debito[6].
Eccezioni possono essere mosse anche rispetto alla qualità degli indicatori, atteso che non tutti derivano da statistiche omogenee sottoposte a regolamento comunitario[7].
Inoltre, non sembrano essere presi in debita considerazione gli effetti negativi di trasmissione sugli altri paesi dei guadagni di competitività registrati in alcuni di essi, per effetto di condizioni favorevoli o di una legislazione non uniforme.
Quali che siano i limiti dell’attuale monitoraggio degli squilibri eccessivi, resta, comunque, il fatto che le tavole con gli indicatori non si prestano a facili raffronti tra paesi. A parità del numero di violazioni quale paese ha una situazione macroeconomica migliore? Come misurare l’intensità dello squilibrio? E’ possibile capire se un Paese sta migliorando o peggiorando la propria situazione di squilibrio?
Per rispondere a queste domande, è stato elaborato un indice sintetico di squilibrio macroeconomico, attribuendo un punteggio ad ogni Paese[8]. Un indicatore sintetico potrebbe essere usato come un utile strumento aggiuntivo per controllare se le scelte effettuate dalla Commissione siano coerenti con una visione generale del paese.
Il valore medio ottenuto sintetizza l’ampiezza dello squilibrio e può essere usato per il confronto con gli altri paesi (differenze o ranking) o per valutarne l’evoluzione nel tempo. Attraverso questo indicatore è possibile capire anche quale paese andrebbe sottoposto ad analisi approfondita (in depth review).
Fonte: Elaborazioni su dati Commissione europea
A seconda del punteggio (tavola 3) è possibile classificare i paesi in tre livelli di squilibri: assente (verde)[9], presente (giallo) e eccessivo (rosso).
La tavola rispecchia fedelmente le situazioni di criticità di alcuni paesi europei. L’Irlanda ad esempio presenta dal 2004 una situazione di squilibrio macroeconomico grave e persistente. Lo stesso si può sostenere per la Grecia, il Portogallo, la Spagna e Cipro in sostanza tutti quei paesi che hanno usufruito di assistenza finanziaria.
Rispetto alla relazione della Commissione Europea che nel 2014 ha ritenuto di inviare 16 paesi Europei ad esame approfondito, l’indicatore sintetico classifica 15 paesi nella fascia di attenzione (giallo). Tra le due valutazioni ci sono, però, alcune differenze. La Romania, il Belgio, la Bulgaria e la Germania saranno sottoposti ad esame approfondito pur rientrando nella fascia verde della tavola. Viceversa, la Lettonia, la Danimarca e il Lussemburgo sono state promosse fin da ora pur avendo un punteggio che denota la presenza di squilibri macroeconomici. Questa difformità di giudizio può dipendere dal fatto che la Commissione ritiene che non tutti gli squilibri sono dannosi o richiedono interventi di politica in quanto potrebbero essere parte della regolazione dinamica dell’economia.
Tale elemento di discrezionalità consente, ad esempio, alla Commissione di non sottoporre ad esame approfondito il Lussemburgo, che nel 2013 presenta un punteggio crescente rispetto al 2012 e, addirittura, superiore a quello dell’Italia. Evidentemente il primato europeo per il debito del settore privato (422% rispetto al Pil); per i flussi di credito concessi al settore privato (28% del Pil) e per il costo del lavoro per unità di prodotto (+10,5% rispetto a tre anni prima) non sono ritenuti livelli di allerta tali da influenzare negativamente il corretto funzionamento economico dell’Europa.
Fonte: elaborazioni su dati Commissione europea
Nel 2013, l’indicatore sintetico di squilibrio macroeconomico presenta ampie differenze tra i paesi (figura 1). La Romania (42) ha in assoluto il miglior punteggio, mentre tra i Paesi dell’eurozona il primato spetta a Malta (53). L’Italia, con 81 punti si posiziona nella seconda metà tra i paesi dell’euro, mentre Cipro e Grecia sono gli unici due paesi a superare i 100 punti, con uno squilibrio che è pari a 4 volte quello dei paesi più virtuosi.
Sono 16 i paesi che rispetto al 2012 hanno ridotto il loro squilibrio complessivo, mentre gli altri sono rimasti stabili o in leggero peggioramento, tra cui il Lussemburgo.
L’Italia, passando da 100 a 81, ha recuperato 19 punti, ma ancora meglio hanno fatto l’Irlanda (-36 punti) e il Portogallo (-27 punti). Il miglioramento è dovuto a una riduzione, più o meno generalizzata, degli squilibri nel tasso di cambio effettivo e nella quota di export mondiale (recupero della competitività), mentre si registrano diffusi peggioramenti nel costo del lavoro per unità di prodotto e nel tasso di disoccupazione (le politiche interne non danno i risultati sperati).
Fonte: elaborazioni su dati Commissione europea – In marrone chiaro i paesi che non appartengono all’eurozona; (*) la Lettonia ha adottato l’euro dal 1° gennaio 2014.
Un ulteriore elemento di valutazione è rappresentato dalla graduatoria dei paesi in funzione del punteggio conseguito (tavola 4). Ai primi due posti della graduatoria ottenuta ordinando la media dei punteggi standardizzati ci sono Romania e Lituania due paesi che non appartengono all’eurozona[10], mentre agli ultimi due posti si trovano Cipro e Grecia che invece ne fanno parte. Però, accantonando tale circostanza, non sembra esserci una forte correlazione tra l’adozione della moneta unica e il grado di squilibrio macroeconomico.
La Romania che, dalla primavera del 2009, usufruisce di un’assistenza finanziaria a supporto dei programmi di aggiustamento, ha fortemente ridotto i propri squilibri macroeconomici dovuti essenzialmente ai fattori esterni e alla competitività, balzando negli ultimi 3 anni ai primi posti e azzerando i punteggi relativi al tasso di cambio effettivo reale e al costo del lavoro per unità di prodotto.
La Germania, che era saldamente al primo posto fino al 2008, è ora scivolata in 11-ma posizione soprattutto da quando è iniziata a diminuire la quota delle esportazioni di beni e servizi per effetto della perdita di competitività dell’Europa rispetto ai paesi emergenti.
L’Italia presenta un andamento altalenante. In miglioramento fino al 2007-2008 è poi precipitata verso le posizioni più basse (21-ma nel 2012), per poi recuperare 3 posizioni nel 2013, scavalcando Lussemburgo, Svezia e Ungheria.
Fonte: elaborazioni su dati Commissione europea
La storia degli squilibri macroeconomici dell’Italia tra il 2004 e il 2010 è descritta nella tavola 5. Il punteggio medio ha toccato il suo minimo nel 2007 (75) e il massimo nel 2012 (100), mentre il maggior numero di violazioni della soglia si è avuto nel 2004.
Tra i fattori esterni e dovuti alla competitività, la posizione patrimoniale netta sull’estero, pur mantenendosi al di sotto del livello di attenzione è progressivamente peggiorata, come pure la quota di mercato delle esportazioni di beni e servizi, un fattore comune al resto dell’Unione europea. Il tasso di cambio effettivo reale, che esprime la variazione dei prezzi al consumo in funzione delle fluttuazioni del cambio, è passato da valori positivi superiori al 5% nel 2004-2005 a valori negativi inferiori al -5% nel 2012 per poi azzerarsi nel 2013.
Tra i fattori interni emerge il debito pubblico (in continua crescita), ma anche quello del settore privato che, da alcuni anni, è prossimo alla soglia del 133% del Pil. Preoccupante la crescita del tasso di disoccupazione (medio triennale) dal 2008 in poi, che nel 2013 ha superato il livello di guardia del 10%.
Il punteggio relativo al flusso di credito verso il settore privato (-3% nel 2013) si è, invece, azzerato negli ultimi anni, in quanto il criterio utilizzato trascura possibili situazioni di credit crunch e tende solo a evidenziare valori positivi troppo elevati e superiori alla soglia del 14%, indicativi di bolle speculative.
Sebbene lo scoreboard abbia natura puramente indicativa e vada letto insieme ai 28 indicatori ausiliari e al quadro macroeconomico attuale, l’individuazione di squilibri eccessivi e la adozione di conseguenti misure correttive, possono trarre giovamento dalla trasformazione degli indicatori in un punteggio unico standardizzato per paese.
La decisione della Commissione europea di inviare un paese ad una analisi approfondita successiva, anziché su una base discrezionale motivata, come avviene ora con la Relazione sul meccanismo di allerta, potrebbe essere ricondotta a criteri più oggettivi come l’indice proposto, aggiungendo – se del caso – un peso legato all’importanza di ciascun indicatore rispetto agli altri[11].
Il superamento di un punteggio medio superiore a 70 (zona gialla o rossa), il deterioramento dello squilibrio sintetico rispetto all’anno precedente (aumento del punteggio medio), il peggioramento relativo rispetto agli altri paesi (perdita di posizioni nella graduatoria), sono tre fattori che evidenziano, presi singolarmente o nel loro insieme, la necessità di approfondire le cause di squilibrio e le conseguenze nell’economia del paese o dell’intera area europea.
Se in aggiunta alle analisi della Commissione europea, si potesse considerare anche ad esempio un indice sintetico di squilibrio macroeconomico, nel 2014 il Lussemburgo dovrebbe essere sottoposto ad analisi approfondita, al pari di altri paesi che sembrano presentare situazioni ben più favorevoli.
*Ricercatori Istat. Il lavoro riflette esclusivamente il punto di vista personale dei due autori.