Italy cannot spend the European funds as it should. The largest delays are in the least developed regions. To understand what the main reasons for these delays are, we have examined the ROPs of Sicily, the region with the greatest delay in terms of expenditure of the two programs, the ERDF and the ESF OPs.
Fondi Europei | Anche per il ciclo di programmazione 2014-2020 l’Italia ha avuto a disposizione una importante dotazione di risorse per la politica di coesione. Tra fondi europei, cofinanziamento del fondo di rotazione e risorse aggiuntive del fondo di sviluppo e Coesione ammonta a circa 145 miliardi di euro la dotazione da spendere in sette anni, dei quali circa 102,8 miliardi per le regioni del Mezzogiorno (Tab. 1).
Tab. 1 – Risorse finanziarie delle politiche di coesione per il periodo di programmazione 2014-2020. Dati espressi in milioni di euro
Fonte: Open Coesione (aggiornamento al 15 marzo 2019)
Come riportato dal Sistema Nazionale di Monitoraggio (SNM)[1] al 31 dicembre 2018 la spesa dei programmi operativi regionali e nazionali si è attestata al 12,62% (Tab. 2) con un ritardo maggiore del FESR (il fondo che finanzia le infrastrutture materiali) rispetto al FSE (utilizzato per istruzione, formazione ed inclusione sociale). In sostanza abbiamo più difficoltà a spendere le risorse per le infrastrutture rispetto a quelle per la formazione.
Tab. 2 – Stato attuazione per fondo strutturale
Ancora più in ritardo la spesa del Fondo di Sviluppo e Coesione, la fonte di finanziamento di Masterplan, Piani operativi e Piani stralcio a titolarità delle Amministrazioni centrali, che al 31 dicembre 2018 era ferma all’1,53% (Tab. 3). Ma va anche considerato che i Patti per lo Sviluppo sono stati sottoscritti nel 2016, quindi due anni dopo l’inizio del ciclo di programmazione 2014-2020.
Tabella 3 – Stato attuazione FSC
Se entriamo nel dettaglio per ripartizioni geografiche, notiamo come per i programmi operativi regionali e nazionali ci sia una differenza nella performance di spesa spostandosi dal Nord al Sud del Paese, più marcata per i programmi regionali (Tab. 4). Alcune regioni del Centro-Nord, quelle più sviluppate, nei programmi operativi regionali raggiungono percentuali di spesa più che doppie rispetto alla media nazionale (Emilia Romagna 29,75%, Piemonte 26,15%, Lombardia 24,22%). Tra quelle meno sviluppate, le regioni con i risultati peggiori risultano Sicilia (2,05%) e Calabria (5,46%).
Tabella 4 – Stato attuazione per PO
E’ utile notare come le criticità nell’uso dei fondi per la politica di coesione non riguardino solo la spesa delle risorse (variabile spesso influenzata da condizioni di contesto: limiti nella progettazione, enti locali in pre-dissesto, difficoltà nell’accesso al credito per le imprese), ma anche gli impegni (la pubblicazione dei bandi). In altre parole, soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno, si registrano forti criticità su tutti gli aspetti della programmazione: dalla pubblicazione dei bandi, alla valutazione dei progetti, alla spesa delle risorse. Se, sull’ultimo aspetto, influiscono condizioni di contesto poco vantaggiose per le regioni meridionali, per i primi due il problema risiede nella scarsa qualità della governance.
Pertanto, in quadro complessivo nazionale con criticità elevate per i POR delle regioni del SUD e per alcuni PON (gestiti dai relativi Ministeri: il PON Ricerca e Innovazione, ad esempio, è fermo al 6%), i ritardi più consistenti sono registrati nelle regioni meno sviluppate.
Quali sono le principali ragioni di tali ritardi? Per cercare di rispondere a tali questioni, abbiamo preso in esame i POR della Sicilia, la regione col maggiore ritardo in termini di spesa dei due programmi PO FESR e PO FSE. Da quanto riportato nei documenti dei Comitati di Sorveglianza di entrambi i programmi emergono le seguenti criticità:
1)Insufficienza di risorse umane qualificate nei diversi dipartimenti regionali. Nel caso del POR FESR molti uffici dell’Amministrazione regionale (interi settori, sia produttivi che concernenti i servizi di pubblica utilità come l’acqua, i rifiuti e l’energia) non riescono a garantire la governance delle Azioni del Programma di propria competenza.
2)Instabilità politica delle amministrazioni regionali e comunali. Un frequente turn-over di assessori e dirigenti (il governo Crocetta ha nominato in dal 2012 al 2017 ben 59 assessori), soprattutto nella fase iniziale del ciclo di programmazione, rallenta l’individuazione delle priorità nelle misure da attivare e quindi la pubblicazione degli avvisi, mettendo a rischio il raggiungimento dei target di spesa.
3)Difficoltà nella progettazione e nella gestione dei beneficiari, soprattutto dei comuni ed in generale degli enti pubblici (come ad esempio le scuole). Per gli avvisi che prevedono cofinanziamenti, difficilmente gli enti pubblici locali (la maggior parte in pre-dissesto) trovano le risorse. Per i bandi finanziati al 100% spesso la criticità è rappresentata dalla progettazione, soprattutto su tre aspetti:
a) quando i progetti ci sono, spesso sono molto datati, e questo comporta anche una scarsa attendibilità nei preventivi di spesa. Tale aspetto conduce frequentemente nella fase di valutazione ad una rimodulazione del progetto con inevitabili ritardi nella realizzazione e nella certificazione;
b) sono rari i casi di progetti cantierabili, cioè con tutti i pareri e le autorizzazioni acquisite;
c) spesso gli enti locali o le scuole non sono in grado con personale interno di progettare e non hanno risorse per affidare all’esterno la progettazione.
4) Un problema a parte sono i Grandi Progetti infrastrutturali che in tutti i cicli di programmazione hanno mostrato notevoli criticità. Le problematicità non prevedibili in fase di definizione del PO risultano legate ad aspetti di natura procedurale o di realizzazione. Si tratta spesso di criticità giudiziarie e finanziarie delle ditte appaltatrici, di espletamento delle procedure di esproprio degli stabili che è stato necessario abbattere per procedere con le opere, o di opposizioni delle Amministrazioni locali interessate che hanno richiesto modifiche ai progetti.
5) Alcuni ritardi sono anche imputabili alle innovazioni normative introdotte dal Nuovo Codice dei Contratti, DLGS 50/16 e del cosiddetto “correttivo” DLGS 56/2017 che, abbandonando il sistema di regolamentazione esecutivo ed attuativo in favore di un sistema basato sulla soft-law, hanno demandato ad altri organismi quali ANAC e Ministeri il compito di una serie di atti di indirizzo e linee guida emanati successivamente. In particolare, il nuovo codice dei contratti e il successivo correttivo hanno reso la variabile dei tempi medi di realizzazione di OOPP ancora più ampia e quindi più significativa, tale da compromettere le possibilità di raggiungere i target fisici, con potenziali impatti su numerosi obiettivi tematici e ciò in considerazione delle incertezze procedurali alle quali sono esposte le stazioni appaltanti a fronte di una tale complessa innovazione normativa.
6) Un’ultima criticità ha riguardato la sovrapposizione con le attività di chiusura del programma 2007-2013, la cui scadenza era prevista al 31 marzo 2017, e che si sono prolungate sino al 2018, anche a seguito delle osservazioni pervenute dalla Commissione Europea.
Infine, va evidenziato un ulteriore aspetto correlato ai ritardi nella programmazione e nella spesa dei fondi strutturali che riguarda la qualità dei progetti finanziati. Un ritardo nei primi anni di un ciclo di programmazione, significa anche una corsa al raggiungimento dei target di spesa nella fase di chiusura del ciclo stesso, e spesso comporta l’imputazione contabile di progetti finanziati originariamente con fondi nazionali nei programmi regionali a valere sui fondi SIE (progetti sponda, coerenti o retrospettivi) con un doppio limite per il territorio. Considerato che tali progetti sono stati originariamente finanziati con risorse ordinarie, con l’imputazione contabile sui fondi SIE, i fondi dei programmi europei vengono liberati verso i soggetti pubblici che hanno realizzato i progetti. In sostanza i fondi SIE diventano sostitutivi di quelli ordinari. Anche perché non c’è nessun vincolo UE per l’utilizzo delle risorse liberate per interventi negli stessi territori dei programmi regionali che hanno speso quelle somme. Ogni governo nazionale decide secondo le proprie scelte politiche o necessità.
Il secondo limite riguarda la qualità della programmazione e dei progetti realizzati. Con l’imputazione contabile sui fondi SIE di progetti pensati e realizzati da altre amministrazioni, viene meno la possibilità di ascoltare gli stakeholders nella programmazione dei bandi e di coinvolgere i territori nella realizzazione dei progetti, oltre a finanziare interventi con un ridotto carattere innovativo rispetto a quanto si sarebbe potuto fare con i fondi SIE.
In conclusione, le variabili che incidono sui ritardi di spesa dei fondi strutturali sono principalmente legati a tre aspetti di contesto: la stabilità amministrativa (i rallentamenti, soprattutto nella fase di programmazione e pubblicazione dei bandi, sono correlati al turn-over politico ed amministrativo); la qualità della governance (le amministrazioni che già funzionano anche con le risorse ordinarie sono quelle che utilizzano più velocemente anche quelle europee); le continue innovazioni normative (le norme introdotte per arginare la corruzione hanno aggravato i procedimenti amministrativi e rallentato la spesa). Le policy da adottare per migliorare la performance delle regioni meno sviluppate nel breve periodo si limitano (come in passato) ad interventi di riprogrammazione dei Programmi Operativi per spostare le risorse sugli Assi con una capacità di tiraggio maggiore. Questo è quello che sta avvenendo quest’anno sia per i programmi finanziati con fondi SIE che con quelli a valere sul FSC. Considerato che tra poco più di 18 mesi non si potranno più impegnare le dotazioni del ciclo 2014-2020, questa è l’unica strada realistica per l’accelerazione della spesa.
Nel lungo periodo, se si vuole migliorare la qualità della governance delle regioni in via di sviluppo, il principale intervento riguarda il rafforzamento amministrativo sia a livello regionale che locale, realizzato con un piano di assunzioni mirato, inserendo nell’organico delle amministrazioni che gestiscono fondi strutturali figure qualificate con una specifica esperienza in questo settore. Negli ultimi venti anni le regioni ed i comuni del Mezzogiorno, con processi poco selettivi come le continue stabilizzazioni, hanno permesso l’ingresso nella pubblica amministrazione di molti precari poco qualificati. In altre si è cercato di risolvere un problema sociale aggravando quello amministrativo: le stabilizzazioni hanno di fatto impedito l’assunzione per concorso dei profili necessari. Se per il nuovo ciclo di programmazione dei fondi strutturali si vuole maggiore efficienza nella gestione e nella spesa delle risorse la strada obbligata è quella di un ricambio generazionale “qualificato” nelle amministrazioni regionali e locali.
*Ricercatore presso l’Università di Messina e e coordinatore del gruppo di lavoro del DESMaS nell’ambito del “Rapporto sullo sviluppo economico dell’Area dello Stretto”
** Professore ordinario di Politica Economica presso l’Università degli studi di Messina
***Professore associato di Politica economica presso l’Università di Messina
[1] Il Sistema Nazionale di Monitoraggio (SNM), gestito dall’Ispettorato Generale per i Rapporti finanziari con l’Unione Europea (IGRUE) nell’ambito del Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato – Ministero dell’Economia e delle Finanze assicura a livello centrale sia il monitoraggio dei programmi cofinanziati dai Fondi SIE nonché dei programmi complementari previsti nell’ambito dell’Accordo di partenariato 2014-2020 finanziati dal Fondo di rotazione di cui alla legge 16 aprile 1987, n. 183 (Art. 1, comma 245, legge 27/12/2013, n. 147 – Legge di stabilità 2014) e sia degli interventi finanziati dal Fondo Sviluppo e Coesione (Art. 1, comma 703, lett. l, legge 23/12/2014, n. 190 – Legge di stabilità 2015).