Introduzione
Il 7 maggio 2017 il candidato Emmanuel Macron, ex-ministro dell’Economia, dell’Industria e degli affari digitali nel governo Valls sotto la presidenza di François Hollande, al ballottaggio ebbe la meglio rispetto a Marine Le Pen del Front National. Un’elezione a Presidente della Repubblica francese avvenuta in un contesto di disintegrazione della destra tradizionale e della sinistra incarnata dal Partito Socialista.
Dopo due anni e mezzo di presidenza, in questo articolo cercheremo di fare un primo bilancio dei punti salienti del progetto di riforme economiche e sociali perseguite da Macron e dal governo di Édouard Philippe.
La politica economica di Macron
Sin dall’inizio del mandato presidenziale Macron ha mostrato una sostanziale continuità con le principali misure adottate da Hollande in favore delle imprese, di cui egli era stato in gran parte l’artefice. Tali misure riguardavano: Crédit d’impôt pour la compétitivité et l’emploi (CICE. Credito d’imposta per la competitività e l’occupazione), incentivi fiscali per le imprese e il Pacte de responsabilité et de solidarité (Patto di responsabilità e solidarietà) che liberalizzava il mercato del lavoro per incentivare l’assunzione di lavoratori sgravando le imprese senza tuttavia chiedere alcun impegno formale in contropartita. Politiche neoliberiste, fondate sull’assunto che l’offerta crea la propria domanda e notevolmente accelerate sotto la sua presidenza (Hollande stesso aveva osato rendere esplicito omaggio alla legge di Say).
Tra i punti principali del programma economico di Macron presentato in campagna elettorale vi erano la rifondazione del sistema fiscale francese ritenuto oppressivo per il sistema produttivo, una forte riduzione della spesa pubblica e una riforma strutturale del mercato del lavoro[1]. Da questo punto di vista, dopo aver vinto la resistenza degli ultimi settori del lavoro garantiti e fortemente sindacalizzati (con la fine dello statut des cheminots [statuto dei ferrovieri]) e messo in discussione il principio stesso del primato dei contratti collettivi sulla negozazione d’impresa, Macron ed il governo Philippe hanno pensato che la strada fosse aperta per un radicale smantellamento dei pilastri del modello francese di sécurité sociale e la sua trasformazione in un modello di workfare.
Punti chiave della riforma fiscale e dell’alleggerimento delle imposte a favore delle imprese sono state due misure: 1) la riduzione della fiscalità sui redditi da capitale (circa 4,5 milardi di euro in meno) con la cosidetta flat tax pari al 30 %, 2) la trasformazione dell’“Impôt de solidarité sur la fortune”[2] (ISF. Imposta di solidarietà sulla ricchezza) ritenuta avversa al capitale finanziario e sostituita a partire del 1 gennaio 2018 con l’“Impôt sur la fortune immobilière (IFI. Imposta sulla ricchezza immobiliare). Da questi cambiamenti d’imposizione sono stati esclusi i depositi bancari e finanziari e gli altri assets liquidi con l’obiettivo dichiarato di rilanciare gli investimenti e incrementare così l’occupazione.[3] Queste scelte, non tengono conto del fatto che il capitale investito in borsa da parte delle imprese riguarda il mercato secondario, cioè i titoli di proprietà o i debiti esistenti, senza alcun impatto diretto sulla cosiddetta economia reale.[4] Esse sono scelte fiscali che hanno diminuito le entrate da imposte progressive a vantaggio delle imposte non progressive che hanno favorito le fasce più ricche della popolazione.[5]
Su questo aspetto Macron segna una discontinuità con le politiche redistributive e di riduzione delle diseguaglianze crescenti, portate avanti da Hollande attraverso la tassazione progressiva sulla ricchezza e l’imposizione sui redditi da capitale.[6]
Nei paragrafi seguenti ci soffermeremo sull’andamento delle principali variabili economiche nel periodo che costituisce la prima parte della presidenza Macron.
PIL, deficit e debito pubblico Francia
Nel 2017, primo anno di mandato di Macron, la Francia ha registrato una crescita del PIL del 2,3. Il 2018 invece, è stato molto più complicato. Infatti, tra la fine del 2017 e l’inizio del 2018, la crescita economica francese è passata dal 2,8% all’1% per attestarsi all’1,7% a fine 2018. Nel 2019 dovrebbe invece attestarsi intorno all’1,3%, mentre per il 2020 è previsto un rallentamento della crescita all’1,1 %.[7]
Grafico 1: Crescita del Pil reale
Fonte : Projections Macroéconomiques France (Banque de France)
L’andamento del deficit pubblico invece è segnato da una crescita che a partire dal 2017 l’ha fatto passare dal 2,6% del PIL del 2018 al 3% del 2019. Questa evoluzione è legata oltre ai tagli alle imposte e alle politiche di austerità anche all’andamento dei consumi, degli investimenti privati e del commercio estero. A partire dal 1 Gennaio 2019 un ulteriore incentivo alle imprese è stato dato dalla trasformazione del CICE in una riduzione degli oneri sociali sulla massa salariale, circa 20 miliardi di euro l’anno che hanno influito sul deficit, malgrado i dubbi che permangono sull’efficacia di questa operazione in termini di occupazione.[8] Per compensare le mancate entrate all’inizio del 2018 è stata introdotta la carbon tax (l’aumento della tassazione sull’energia, prodotti petroliferi e sul tabacco) e l’aumento della CSG (contribution sociale généralisée), il prelievo fiscale obbligatorio proporzionale destinato al finanziamento della previdenza sociale e all’indennità di disoccupazione che ha superato la riduzione dei contributi sociali. Misure volte ad abbassare il rapporto deficit/Pil ma che hanno colpito soprattutto le territorialità rurali e periferiche ed i lavoratori sempre più precari, suscitando le forti contestazioni dei movimenti sociali come quello dei Gilets Jaunes. La contestazione sociale ha costretto Macron a rimettere in discussione la regola del 3% deficit/Pil fino a definirla come “il dibattito di un altro secolo”.[9] Ricordiamo che Macron ha più volte sottolineato l’importanza di una maggiore integrazione tra i paesi UE trainata dalla locomotiva franco-tedesca partendo dalla disciplina di bilancio, la liberalizzazione del mercato del lavoro e delle merci. Insistendo sulla necessità di creare un fondo per la zona euro da utilizzare in caso di crisi a condizione che i paesi coinvolti rispettino le regole comunitarie. In quest’ottica un MES (Meccanismo europeo di stabilità) dotato di maggiori risorse potrebbe intervenire con più agilità per far fronte alle difficoltà dei vari paesi.[10] Posizioni che vengono considerate contradditorie poiché da un lato, Macron spinge per una profonda riforma del modello francese (lavoro, fisco, disciplina di bilancio) dall’altro chiede agli altri paesi dell’Unione Europea di avvicinarsi al sistema francese in termini di una tasso minimo di tassazione, salario minimo e di politica industriale. Posizioni che difficilmente troveranno convergenze a livello europeo. Nel mentre, un più ampio spazio di manovra è arrivato dai tassi d’interesse negativi sul debito pubblico francese, che dopo un periodo di aumento, si è stabilizzato sotto il 100% del PIL (Cfr. grafico 2).
Grafico 2. Andamento del debito e del deficit pubblico
Fonte : Insee, comptes nationaux, base 2014.
Consumi, investimenti e occupazione
Veniamo ora ai consumi. Se da un lato, il rallentamento del PIL è stato un tratto comune a tutti i paesi europei, il rapporto deficit/PIL e la diminuzione del potere d’acquisto delle famiglie sono imputabili a politiche economiche nazionali, come appena visto per la carbon tax ed il CICE. A cui si è aggiunto l’aumento del prezzo del petrolio determinando una diminuzione del potere d’acquisto delle famiglie meno abbienti in un periodo propizio ai consumi come quello delle festività di fine anno tra il 2018 e il 2019. Il tutto, nonostante per incentivare i consumi, a partire dall’anno fiscale 2018 e ancora nell’anno in corso, sia stata ridotta la taxe d’habitation[11] la cui abolizione, prevista per il 2020, era una delle proposte fiscali di Macron.[12]
Secondo le previsioni, la progressione del potere d’acquisto che nel 2019 si è attestata al 2,3% per famiglia, la più alta dal 2007, legata anche all’andamento dell’inflazione (+1,1% dopo il +1,8% del 2018 e il +1% del 2017), dovrebbe continuare nel 2020 con l’1,4 %.[13] A partire da gennaio 2019 è stata attuata anche l’altra riforma fiscale promessa da Macron: il prelievo mensile alla fonte dei redditi da lavoro.
Invece, una vera spinta alla domanda interna è arrivata dalle “concessioni” fatte alle rivendicazioni dei Gilets Jaunes che sono: 1) il congelamento dell’aumento dei carburanti; 2) l’ampliamento e la rivalorizzazione del premio d’attività per le persone con retribuzioni allo SMIC[14] (circa 90 euro mensili massimali); 3) l’invito fatto alle imprese a versare ai dipendenti un premio una tantum senza contributi sociali e defiscalizzato (di media solo 450 euro annuali); 4) l’annullamento dell’aumento della CSG per le pensioni modeste.[15] Tali misure (valutate tra gli 8 e i 10 miliardi di euro) nonostante il loro apporto sono state messe sotto osservazione dalla Commissione Europea in quanto avrebbero condotto a sforare i criteri del rapporto deficit/PIL (Cfr. grafico 3).
Grafico 3. Prodotto Interno Lordo e le sue componenti
Fonte : INSEE
Tutte le misure messe in atto per aumentare il potere d’acquisto però, non coinvolgono tutte le famiglie francesi, le quali anzi si trovano in situazioni contrastanti secondo le differenti categorie di lavoro. Difatti, a beneficiarne non sarebbero le famiglie meno abbienti, le quali già colpite dalla crisi economica, dalla precarizzazione del mondo del lavoro, dai tagli alla spesa pubblica, si sono viste costrette a contenere il loro livello dei consumi. Gli stessi investimenti delle imprese, a cui sono destinate buona parte delle risorse, non stanno dando i risultati sperati, a causa delle dinamiche interne, del rallentamento dell’economia tedesca e delle incertezze globali crescenti. Un discorso a parte va fatto per l’andamento della disoccupazione.
Il tasso di disoccupazione, secondo le statistiche ufficiali, sta scendendo verso livelli pre-crisi e dovrebbe continuare a scendere, ma in realtà a questi circa 2,5 milioni di disoccupati bisognerebbe aggiungere quasi un milione di lavoratori che a vario titolo non sono contabilizzati come disoccupati.[16]
Grafico 4. Tasso di disoccupazione secondo l’ILO (Organizzazione Internazionale del Lavoro)
Stima a +/- 0,3 punti del livello del tasso di disoccupazione e della sua evoluzione da un trimestre all’altro. Campione: famiglie, persone con più di 15 anni. Fonte: INSEE, enquéte Emploi.
L’andamento dell’occupazione risente fortemente della precarizzazione e delle condizioni del mondo del lavoro, nonché della proletarizzazione crescente delle “classi medie” di cui il movimento dei Gilets Jauns è la manifestazione. Tenendo presente che, nelle intenzioni dei governanti, la riduzione del deficit avrebbe dovuto comportare un ricorso ancor più forte al lavoro precario e ad una maggiore riduzione dei lavoratori a tempo indeterminato del settore pubblico (soprattutto nella sanità e nell’educazione).
Sempre in direzione del taglio alla spesa pubblica troviamo la riforma delle pensioni. Il piano del governo mira a rimpiazzare i pilastri del sistema storico francese a ripartizione con l’introduzione di un sistema a punti che demolirà la base di calcolo attuale in cui la pensione completa è la metà dello stipendio di riferimento (pari allo stipendio medio dei migliori 25 anni di lavoro, nel settore privato, e agli ultimi sei mesi nel settore pubblico in cui i salari sono considerevolmente più bassi rispetto al privato). Inoltre, poiché il nuovo sistema pretende di puntare all’universalismo, dovrebbe essere accompagnato dall’abolizione dei regimi speciali (Sncf [Ferrovie], Ratp [Trasporti pubblici], ecc.). Una riforma che pur mantenendo l’età pensionabile a 62 anni, instaura un’età pivot a 64 anni (con dei bonus e dei malus), prolungando di fatto l’età lavorativa, abbassando l’ammontare della pensione e incentivando l’adesione a fondi pensione privati complementari.
Conclusione
Nella prima metà del suo mandato Macron ha perseguito politiche fiscali ed economiche tese al rilancio dell’economia attraverso la defiscalizzazione del capitale finanziario, ad una maggiore defiscalizzazione per le imprese e della ricchezza e ad uno smantellamento dello stato sociale francese. Con risultati economici insoddisfacenti. Le politiche di austerità messe in atto per ridurre il deficit dello Stato hanno comportato tagli che hanno colpito non solo la parte più debole della società, ma anche le classi lavoratrici povere che hanno dato vita a movimenti sociali come quello dei Gilets Jaunes che hanno in parte rimesso in discussione le scelte neoliberiste che questa presidenza si era prefissata, in attesa di vedere anche la scelta definitiva sulla riforma della pensioni.
*Alfonso Giuliani, Chercheur CNRS. Centre d’Économie de la Sorbonne (UMR 8174).
**Desidero ringraziare il Prof. C. Vercellone e il Prof. J.-M. Monnier per la discussione a rigaurdo e la redazione di Economia e Politica per gli spunti di riflessione datomi.
Riferimenti bibliografici
Botte F., Dallery T. (2019). “Le jour du dépassement de la finance”, Alternative économique, Febbraio 2019. https://www.alternatives-economiques.fr/jour-depassement-de-finance/00087981.
Bozio A., et al. (2018). “Quels effets attendre de la transformation du CICE en réductions de cotisations employeurs?” Les notes de l’IPP (Institut Politique Publique), Novembre 2018, N. 36. https://www.ipp.eu/wp-content/uploads/2018/10/n36-notesIPP-octobre2018.pdf.
“Emmanuel Macron warns Europe: NATO is becoming brain-dead”. The Economist, 7 Novembre 2019. https://www.economist.com/europe/2019/11/07/emmanuel-macron-warns-europe-nato-is-becoming-brain-dead.
“Les vrais chiffres du chômage”, Neon: https://photo.neonmag.fr/les-vrais-chiffres-du-chomage-en-france-36661#les-vrais-chiffres-du-chomage-637412.
https://www.service-public.fr/particuliers/vosdroits/F42.
Mazuir V. (2019). “Ifi, le nouvel version ISF version Macron”. Les Echos, 30 Settembre 2019. https://www.lesechos.fr/economie-france/budget-fiscalite/ifi-le-nouvel-isf-version-macron-130072.
“Prime, heures supplémentaires…qu’ont vraiment obtenu les gilets jaunes?”, L’Express, 2 Novembre 2019, https://www.lexpress.fr/actualite/societe/prime-heures-supplementaires-qu-ont-vraiment-obtenu-les-gilets-jaunes_2105495.html.
Projections Macroéconomiques France (Banque de France. Dicembre 2019). https://www.banque-france.fr/sites/default/files/media/2019/12/16/proj_dec_2019_v2.3_semap_sel_1312vf.pdf.
Rapport sur les inégalités en France, édition 2019 (2019). A. Brunner, L. Maurin (a cura di), Observatoire des inégalités, Tours.
Sterdyniak et al. (2018). Macron, un mauvais tournant, Le Lien que Libèrent, Paris.
[1] In questo articolo per semplicità utilizziamo il termine generico famiglia per indicare il nucleo familiare fiscale che nel sistema fiscale francese è determinato diversamente da quello italiano.
[2] L’“Impôt sur les grandes fortunes” (IGF. Imposta sulle grandi ricchezze) è stata istituita nel 1981 con la legge finanziaria del 1982. È stata abolita nel 1986 dal governo di Jacques Chirac e reinserita nel 1988 nella legge finanziaria per il 1989 con il nome di ISF (Imposta di solidarietà sulla ricchezza), con l’idea di ripristinare l’“imposta sulla ricchezza” parallelamente alla creazione del Revenu minimum d’insertion (RMI. Reddito minimo).
[3] Una “réforme pour produire, pas une réforme pour les plus fortunés” (Una riforma per produrre, non per i più ricchi) come dichiarato da Macron rispondendo alle richieste di reintrodurre la vecchia ISF proposta dal movimento dei Gilets Jaunes. Lo stesso Macron ha dichiarato che questa riforma potrebbe essere rimessa in discussione se non dovesse dare i risultati previsti. Cfr: Mazuir V. (2019).
[4] Gli investimenti finanziari che riguardano l’emissione di nuove azioni da parte delle imprese e potrebbero quindi essere considerati come un effettivo finanziamento di investimenti produttivi con effetti positivi sull’occupazione e sul PIL sono una percentuale ben al di sotto del 10%. Si veda: Botte F., Dallery T. (2019).
[5] Benché gli esponenti di spicco del governo, come il ministro dell’economia Bruno Le Maire neghino il legame ideologico con la théorie du ruissellement (effetto trickle-down) Macron ha utilizzato la metafora “dei primi della cordata” per difendere le sue scelte. Sterdyniak H. et al. (2018: 28).
[6] Si veda: Rapport sur les inégalités en France, édition 2019 (2019).
[7]Projections Macroéconomiques France (Banque de France. Dicembre 2019).
[8] A. Bozio, et al. (2018).
[9] “Emmanuel Macron warns Europe: NATO is becoming brain-dead”. The Economist, 7 Novembre 2019:
[10]Sterdyniak H. et al. (2018: 208-209).
[11] La taxe d’habitation è l’imposta locale dovuta da parte di proprietari, affittuari o occupanti a titolo gratuito di beni immobili imponibili.
[12] Si veda: https://www.service-public.fr/particuliers/vosdroits/F42.
[13] Si veda: Projections Macroéconomiques France. Banque de France (Dicembre 2019). Secondo altre fonti l’aumento del potere d’acquisto delle famiglie per il 2019 e il 2020 non è che dello O,6%.
[14] Salaire minimum interprofessionnel de croissance (salario minimo garantito).
[15] “Prime, heures supplémentaires… qu’ont vraiment obtenu les gilets jaunes?”, L’Express, 2 Novembre 2019,
[16] Infatti, la metologia utilizzata è quella dell’ILO dove per essere considerati occupati basta lavorare 1 ora nel periodo di referenza e non tiene conto di tutti coloro che sono sotto-ocupati, a tempo parziale contro la propria volontà e tutti coloro che per motivi diversi non sono inscritti al Pôle-Emploi (l’equivalente dei Centri per l’impiego italiani). Si veda: “Les vrais chiffres du chômage”, Neon: https://photo.neonmag.fr/les-vrais-chiffres-du-chomage-en-france-36661#les-vrais-chiffres-du-chomage-637412.