In una moderna economia di mercato, la spesa pubblica gioca un ruolo importante sotto diversi profili. In essa trovano spazio istanze di natura sociale (previdenza, sanità, istruzione, lotta alla povertà), così come spese legate a politiche di natura più discrezionale. Non ultimo, la spesa pubblica dovrebbe rappresentare un fattore di accelerazione della crescita economica, per esempio, grazie al sostegno mirato verso i settori industriali più dinamici o la ricerca scientifica. In termini più generali, alla spesa pubblica compete il ruolo di mantenere la domanda aggregata ad un livello adeguato a sostenere la crescita economica. Naturalmente, la spesa pubblica costituisce anche una delle voci più rilevanti per l’equilibrio dei conti dello Stato e, in definitiva, risulta determinante per la sostenibilità del rapporto tra debito pubblico e PIL, avendo la potenzialità di influenzare sia il numeratore che il denominatore.
Per tali ragioni può risultare di qualche interesse esaminare l’andamento di questo aggregato comparando il nostro Paese con il benchmark di riferimento a livello europeo, ossia la Germania. Il grafico sotto rappresenta la dinamica dell’ammontare della spesa pubblica (al netto degli interessi passivi) in Italia e in Germania al netto degli oneri per il servizio del debito[1].
Fig.1 Public Expenditure without interest
Naturalmente, il volume della spesa pubblica tedesca supera di molto quello italiano, vista anche la diversa dimensione economica dei due Paesi. Si rileva, però, un trend di sviluppo più accentuato per la Germania nell’ultimo periodo esaminato. Non appare inopportuno dare uno sguardo anche alla spesa pubblica (sempre al netto degli interessi passivi) pro-capite, ossia rapportata alla popolazione dei due Paesi.
Fig. 2 Public expenditure without interest per capita
Questo indicatore mostra come nel 2007, alla fine di un periodo di convergenza, i due valori della spesa pubblica per abitante risultavano sostanzialmente allineati. Successivamente, la forbice tra Germania e Italia si è divaricata: il dato italiano si è stabilizzato, mentre la Germania ha registrato un crescita costante e piuttosto sostenuta. Infine, per tenere conto della diversa dimensione economica dei due Paesi, nel grafico sotto, è stata riportata l’evoluzione del rapporto tra spesa pubblica (ancora al netto degli interessi passivi pagati sui titoli di Stato) e il prodotto interno lordo.
Fig. 3 Public expenditure without interest % GDP
Appare evidente come, considerando l’intero periodo, l’incidenza sul PIL della spesa pubblica italiana mostri un trend crescente, seppure con un appiattimento negli ultimi anni. Dal canto suo, la Germania si caratterizza per un andamento più variegato, dove emerge una sostanziale riduzione del peso della spesa pubblica rispetto ai dati della seconda metà degli anni ’90. In questa sede, senza nulla togliere alla rilevanza degli andamenti della spesa pubblica in volume e pro-capite, limiterò l’analisi alla dinamica dell’ultimo parametro considerato (spesa pubblica rapportata al PIL), perché è in questo ambito che emergono alcuni fenomeni significativi.
Al fine di avere qualche elemento di valutazione utile ad inquadrare la questione, ho provveduto a calcolare gli effetti che le diverse determinanti hanno avuto sull’evoluzione del rapporto tra spesa pubblica (al netto degli interessi passivi) e il PIL, in analogia con quanto presentato a suo tempo per il parametro debito pubblico su PIL[2].
Anche in questo caso è necessario partire da un semplice modello rappresentativo della dinamica del fenomeno che si vuole esaminare.
Dove:
SP = spesa pubblica al netto degli interessi passivi
PIL = prodotto interno lordo nominale
s = tasso di crescita “interno” della spesa pubblica al netto degli interessi passivi
g = tasso di crescita reale del PIL
p = deflatore del PIL
La variazione nel tempo dell’incidenza della spesa pubblica sul PIL è stata scomposta attribuendone una quota ad ognuna delle tre determinanti (s, g, p) definite sopra. Tale procedimento è stato applicato tanto ai dati italiani, quanto a quelli tedeschi. Il risultato di tale esercizio, calcolato nell’arco del periodo 1995 – 2017, è stato quindi articolato in quattro periodi[3]:
1995-1998 Verso l’Euro
1999-2007 L’era dell’Euro
2008-2013 La crisi
2014-2017 La debole ripresa
Le due tabelle sotto riportano i dati relativi agli intervalli temporali definiti. Ogni colonna mostra l’incremento (decremento) del rapporto tra spesa pubblica e PIL dovuto al fattore considerato. Nella prima colonna è esposto l’effetto dovuto a s, ossia al tasso di crescita interno della spesa pubblica al netto degli interessi; la seconda colonna evidenzia l’effetto di g, il tasso di crescita reale del PIL; nella terza abbiamo l’esito di p, il deflatore del PIL; la quarta colonna contiene l’effetto di altri fattori residuali non considerati e delle correlazioni tra tutte le determinanti, si tratta quasi sempre di valori esigui; l’ultima colonna riporta la variazione del rapporto tra spesa pubblica e PIL accumulata nel periodo esaminato.
Fig. 4 Confronto Italia e Germania. Totale
Con riferimento all’Italia, si vede come nel periodo 1995 – 2017 (ultima riga in basso) il peso della spesa pubblica sul PIL sia aumentato di 5,40 punti, a fronte di una diminuzione di 8,32 punti registrata per la Germania. La spinta propulsiva di s è stata più significativa per l’Italia (incremento di 33,54 punti di PIL) che per la Germania (+13,51 punti di PIL). Nel nostro paese, la capacità di “freno” all’aumento del rapporto data dalla dinamica del PIL reale risulta modesta (-5,01 punti di PIL), mentre la Germania, grazie alla crescita reale del prodotto, ha ottenuto un abbassamento del peso della spesa pubblica sul PIL di ben 13,55 punti. Al contrario, l’effetto del deflatore del PIL (proxy dell’inflazione) è stato imponente per l’Italia (-21,55 punti di PIL) e più limitato per la Germania (-7,86 punti di PIL), a conferma di una strutturale maggiore dinamica della variazione dei prezzi italiani[4].
Per esaminare con maggiore precisione il confronto tra i diversi periodi, è opportuno fare riferimento alle due tabelle che seguono, dove gli effetti sul rapporto tra spesa pubblica e PIL delle varie determinanti sono stati riportati in termini di media annua per ogni periodo (correzione indispensabile poiché i periodi esaminati sono di ampiezza temporale differente).
Fig.5 Confronto Italia e Germania. Media Annua
Notiamo che nei primi due periodi, mentre l’Italia incrementa il peso della spesa pubblica sul PIL (rispettivamente +0,29 e + 0,18 annui), la Germania mette a segno rilevanti riduzioni, specie nel periodo “Verso l’Euro”. Per entrambi i Paesi risulta determinante la dinamica di s, ossia è proprio la variazione dell’ammontare delle uscite che influenza il risultato finale.
Nel terzo periodo (La crisi), la spesa pubblica italiana accresce consistentemente il suo peso sul PIL soprattutto a causa della riduzione del PIL reale. Quest’ultimo, invece di avere un effetto di limitazione del parametro considerato (cioè un valore negativo nella tabella), produce un aumento del valore del rapporto sotto esame (infatti, nella seconda colonna di dati, in corrispondenza del terzo periodo, si legge un valore medio annuo di +0,67 punti di PIL). Tale risultato si determina nonostante la forte riduzione della dinamica interne della spesa pubblica italiana, che scende a +0,67 punti annui di PIL, inferiore all’1,28 della Germania. In questo arco temporale, anche il peso sul PIL della spesa pubblica tedesca aumenta, ma esclusivamente per l’incremento interno di quest’ultima.
Nell’ultimo periodo esaminato (La debole ripresa), la crescita della spesa pubblica italiana rallenta ulteriormente (+0,51 punti di PIL su base annua), mentre in Germania essa accelera toccando +1,65 punti di PIL. In questa fase, però, la pur modesta crescita del prodotto interno lordo (peraltro associata ad un deflatore ridotto) riesce comunque a produrre una riduzione dell’incidenza delle uscite pubbliche sul PIL italiano (-0,32 punti medi annui). Per la Germania, l’ultimo periodo rappresenta una fase sostanzialmente neutra: l’aumento significativo della spesa pubblica viene quasi del tutto neutralizzato dalla crescita reale del PIL e dal deflatore.
Emerge, tra gli altri, un elemento di rilevante portata: la spesa pubblica italiana, pur essendo spesso cresciuta più velocemente di quella tedesca (sia in termini di s, sia in rapporto al PIL), non è stata in grado di garantire una dinamica economica migliore di quella della Germania. Il paradosso (prevedibile e, peraltro, previsto) è che, durante la crisi, le politiche di austerità adottate in Italia hanno indotto un ulteriore forte aumento del rapporto spesa / PIL, in buona parte a causa della diminuzione della crescita reale di quest’ultimo. Così si spiega come, nonostante la spesa pubblica pro-capite italiana si sia stabilizzata a partire dal 2008, la sua incidenza sul PIL nell’arco temporale 2008 – 2013 sia invece cresciuta in maniera apprezzabile.
Con ciò, naturalmente, non si vuole affermare che la spesa pubblica sia l’unico fattore in grado di sostenere lo sviluppo economico. Occorre, tuttavia, essere consapevoli che, come specificato in precedenza, in situazioni di crisi spesso solo lo Stato è in condizioni di svolgere il ruolo di “spenditore di ultima istanza” al fine di sostenere il complesso della domanda aggregata: la mancanza di un adeguato intervento pubblico anticongiunturale rischia di riverberarsi negativamente sul PIL, come l’esperienza italiana del periodo 2008 – 2013 ha dimostrato.
Tornando ai dati esaminati, resta, in definitiva, l’impressione di una scarsa “qualità” della spesa pubblica italiana, quantomeno nel confronto con quella tedesca. Impressione che trova un primo riscontro nella ripida discesa della componente investimenti all’interno del complesso della spesa pubblica del nostro Paese, passata da valori a cavallo del 7% di prima della crisi, al 4,36% del 2017. Con tutta probabilità, è da qui che sarebbe necessario ripartire per sostenere lo sviluppo dell’attività economica e, come conseguenza, migliorare anche lo stato dei conti pubblici, come ben evidenziato dall’articolo a firma Realfonzo – Viscione[5]. Lo testimonia anche la modesta efficacia dei numerosi provvedimenti che si sono limitati ad aumentare i trasferimenti di reddito verso le famiglie, cui hanno fatto ricorso gli ultimi governi (compreso l’attuale), e che non sono stati in grado di rilanciare l’attività del sistema produttivo nazionale.
Fig. 6 Spesa per investimenti pubblici in Italia
[1] Tutti i dati presentati in questo articolo sono stati tratti da Eurostat. Le informazioni risultano disponibili a partire dal 1995 e coprono un arco temporale di 23 anni (l’ultimo aggiornamento è fermo al 2017).
[2] Si veda, anche per la metodologia: economiaepolitica, A. Iero “Debito pubblico, una questione di interessi”, 11 aprile 2018. https://www.economiaepolitica.it/politiche-economiche/debito-pubblico-una-questione-di-interessi/
[3] Per la determinazione dei periodi ho assunto quanto sviluppato da S. Cesaratto e G. Zezza “Farsi male da soli: disciplina esterna, domanda aggregata e il declino economico italiano”, Quaderni del Dipartimento di Economia Politica e Statistica dell’Università di Siena, dicembre 2018.
[4] L’aumento dei prezzi italiani tende a scendere sotto quello tedesco nell’ultimo periodo esaminato come effetto del rallentamento economico e del tentativo di riacquistare competitività attraverso la “compressione” dei costi interni.
[5] Si veda, per una disamina dettagliata degli effetti di un cambio di volume e composizione della spesa pubblica: economiaepolitica, R. Realfonzo e A. Viscione “Una stima degli effetti della manovra e delle alternative possibili”, 8 febbraio 2019. https://www.economiaepolitica.it/politiche-economiche/stima-manovra-economica/