Introduzione
Il debito pubblico di alcuni Paesi dell’Eurozona è oggi una emergenza che rischia di arrivare immediatamente dopo l’emergenza sanitaria che stiamo attraversando. L’impatto della pandemia da Covid-19 sull’economia ha infatti il doppio effetto di tagliare il Prodotto Interno Lordo (la base imponibile da cui si genera la gran parte del gettito fiscale) e aumentare la spesa pubblica per via dell’aumento di domanda di prestazioni sanitarie e dell’aumento di domanda di ammortizzatori sociali. L’effetto combinato della riduzione del gettito e dell’aumento di spesa pubblica genera inevitabilmente un disavanzo maggiore che va a sommarsi a debiti pubblici che venivano già visti come un problema prima della pandemia. Allo stato attuale e a meno di interventi da parte della Banca Centrale Europea, i tassi di interesse sul debito di alcuni Paesi europei non possono che crescere ulteriormente. Si rischia così di generare un circolo vizioso che porta verso sentieri insostenibili. Ma è accettabile che lo Stato – per il finanziamento della spesa pubblica – dipenda dal mercato?
Quali sono le ragioni dell’intervento dello Stato per finanziare alcuni settori come quello sanitario?
L’intervento pubblico in sanità è giustificato principalmente da ragioni di efficienza e da questioni distributive. Per ragioni di efficienza, l’intervento pubblico mira a ridurre le cause dei fallimenti del mercato. Per questioni distributive, l’intervento pubblico è finalizzato a ridurre i vincoli di reddito che ostacolano l’accesso alle prestazioni sanitarie. In altre parole, un Paese che vede la salute come un diritto deve intervenire in prima persona nella fornitura del servizio.
I mercati competitivi sono stati a lungo considerati come portatori di un’allocazione efficiente delle risorse e della massimizzazione del benessere sociale in molte situazioni. Si dimostra che l’equilibrio raggiunto in un mercato perfettamente competitivo è ottimale nel senso di Pareto, cioè nessun’altra allocazione di risorse può far stare meglio almeno uno dei partecipanti al mercato senza che qualcun altro stia peggio. Tuttavia, un tale equilibrio competitivo può essere raggiunto solo in determinate condizioni, molte delle quali sono violate nel settore sanitario. A partire da Arrow (1963), una rilevante parte della letteratura ha studiato le ragioni dei fallimenti del mercato sia nella produzione dei servizi sanitari sia nel settore delle assicurazioni private. Di seguito vengono elencate le cause più frequenti del mal funzionamento del mercato nel settore sanitario, che hanno indotto una buona parte dei sistemi avanzati a una gestione pubblica del settore.
Il consumo di servizi sanitari può fornire benefici non solo a chi ne usufruisce ma anche ad altri. Un classico esempio è il trattamento per le malattie trasmissibili e l’immunizzazione. In presenza di tali esternalità, il consumo determinato dal mercato è non ottimale a livello collettivo poiché ogni singolo individuo non è in grado di apprezzare il bene per il suo valore reale. Questo richiede un intervento pubblico affinché si raggiunga un consumo collettivo ottimale (ad esempio la copertura che garantisce l’immunità di gregge nel caso dei vaccini). Recentemente l’argomento è stato trattato in maniera approfondita su Economia e Politica. Inoltre, alcune attività relative all’assistenza sanitaria, in particolare relative all’attività di ricerca e sviluppo, hanno caratteristiche di beni pubblici puri, poiché sono non rivali e non escludibili (Smith, 2008).
Nell’assistenza sanitaria i fornitori hanno spesso una posizione dominante sul mercato rispetto ai pazienti o a chi finanzia il servizio perché hanno più informazioni sulla necessità e sull’adeguatezza delle cure mediche. Inoltre, i pazienti hanno poche possibilità di valutare la qualità dell’assistenza sulla base dell’esperienza e gli individui spesso devono prendere decisioni in uno stato di vulnerabilità (Hurley, 2000). Ne consegue che i pazienti si fidano incondizionatamente dei consigli medici e la domanda può essere indotta dall’offerta, portando talvolta a un consumo inappropriato. L’intervento pubblico può mitigare questi problemi informativi sia sulla domanda sia sull’offerta. Dal punto di vista della domanda, il settore pubblico può mettere a disposizione dei pazienti informazioni sulla qualità dell’assistenza sanitaria. Dal lato dell’offerta, il settore pubblico può limitare l’autonomia dei fornitori mediante programmi di pre-autorizzazione e promuovendo la prevenzione.
I mercati competitivi presuppongono la possibilità per gli agenti di entrare e di uscire gratuitamente. Nel settore dell’assistenza sanitaria l’ingresso dei fornitori non è gratuito, ci sono ostacoli tecnici all’ingresso sul mercato, ad esempio l’attività di formazione dei medici e la costruzione di ospedali richiede molto tempo (Smith, 2008). In molti casi i fornitori di assistenza sanitaria godono di un vero e proprio potere di monopolio, derivante dalle caratteristiche tecniche dell’assistenza sanitaria – ad es. economie di scala – e dai diritti di proprietà intellettuale (Smith, 2008; Hsiao e Heller, 2007).
Una caratteristica centrale dell’assistenza sanitaria è l’incertezza: le persone si trovano ad affrontare incertezze sul verificarsi di una malattia e sull’efficacia del trattamento. La capacità di raggiungere un equilibrio competitivo nei mercati delle assicurazioni sanitarie dipende dall’esistenza di una serie completa di mercati che coprono questi rischi, ma ciò si dimostra impossibile in pratica a causa di una serie di fallimenti del mercato. L’asimmetria delle informazioni tra il consumatore e l’assicuratore in merito alle condizioni di salute del primo si traduce nella selezione avversa: le persone con maggiori rischi hanno maggiori probabilità di sottoscrivere un’assicurazione sanitaria che abbia maggiori coperture rispetto a quelli in buona salute. I premi fissati in base al rischio medio non saranno quindi sufficienti per coprire i crediti e l’aumento dei premi porterà le persone a basso rischio a cancellare le loro polizze assicurative. Gli assicuratori saranno incentivati a selezionare individui a basso rischio ed evitare di coprire quelli ad alto rischio, facendo Cream-skimming (Rothschild e Stiglitz, 1976). Il Cream-skimming può essere affrontato attraverso una regolamentazione che limiti le pratiche di selezione del rischio. In altre parole, l’intervento pubblico può garantire la redistribuzione tra i livelli di rischio che non può essere garantita dai privati (Goulão, 2015).
Tutte queste ragioni, accompagnate da ragioni di equità hanno fatto sì che la gran parte dei sistemi occidentali si dotasse nel corso del secolo scorso di un sistema sanitario nazionale pubblico a vocazione universale. L’intervento pubblico in sanità è stato caratterizzato da due principali modelli di finanziamento:
- Modello Bismarck, dove il finanziamento dell’assistenza sanitaria avviene mediante contributi obbligatori dei cittadini lavoratori e/o mediante assicurazione (adottato tra gli altri in Germania, Austria e Ungheria);
- Modello Beveridge, dove il finanziamento dell’assistenza sanitaria avviene mediante la tassazione generale, basato quindi sulla capacità contributiva (adottato in Regno Unito, Spagna, Paesi Scandinavi e in Italia). In Italia tale modello viene ufficialmente istituito con la legge 833 del 1978 ispirata ai principi sanciti nell’art. 32 della Costituzione.
La tassazione generale in un singolo periodo può coprire senza grossi stravolgimenti e in assenza di shock la componente corrente della spesa sanitaria, come ad esempio le spese del personale. Tuttavia, talvolta la componente in conto capitale della spesa pubblica (come ad esempio le spese per la costruzione di un ospedale) non può evidentemente essere coperta dalla tassazione generale al tempo stesso dell’investimento. Poiché tali investimenti producono benefici anche e soprattutto nei periodi successivi, è ragionevole aspettarsi che i costi vengano coperti da un debito che poi va a essere ripagato nel tempo in una quota che può essere stabilita, ad esempio, in base all’ammortamento o mediante misure ancora più vicine al beneficio che uno stock di capitale può dare in termini correnti negli anni (Capital Services utilizzando la terminologia di Schreyer, 2004).
In questi casi chi decide il prezzo del debito che è servito per far fronte a un fallimento del mercato?
Trattiamo in questa sezione l’opportunità di implementare misure di stimolo fiscale rivolte in particolare al settore sanitario tenendo valide tutte le prescrizioni di politica economica generalmente suggerite. Tra queste, ad esempio, troviamo la delega alla Banca Centrale del controllo delle variabili monetarie e la possibilità per lo Stato di conseguire deficit di bilancio solo in periodi eccezionali, e sotto un vincolo di bilancio intertemporale. In questo modo isoliamo il ruolo della spesa pubblica resa necessaria da un fallimento di mercato, da finanziare in deficit visto il carattere di straordinarietà dello shock dovuto alla pandemia. Un esempio è la spesa per l’introduzione di un maggior numero di posti letto in terapia intensiva, che si caratterizza per essere sia una spesa in conto capitale, sia una spesa che ha carattere di straordinarietà poiché dovuta alla pandemia da Covid-19. Per tali caratteristiche è ragionevole aspettarsi che tale spesa possa essere finanziata mediante un disavanzo di bilancio.
Per illustrare il paradosso che vogliamo mettere in luce ci serviamo di un modello estremamente stilizzato a due periodi (presente e futuro) con agente rappresentativo massimizzante, per una economia con dotazioni esogenamente date e parziale flessibilità dell’output nel primo periodo. L’uso di dotazioni consente di evitare di modellare produzione e accumulazione di capitale. La flessibilità dell’output nel breve periodo consente al pubblico di conseguire un deficit di bilancio necessario a finanziare la spesa pubblica diretta al sistema sanitario. Tale deficit dovrà però essere ripagato nel periodo successivo sia per quanto riguarda il capitale (pari al deficit stesso) sia per il servizio del debito costituito dagli interessi maturati tra i due periodi.
Il modello parte da una funzione di utilità sociale intertemporale a due periodi che rappresenta il welfare W dei cittadini dell’Unione Europea: si tratta di una metafora che rappresenta la decisione di portare i cittadini dei vari Stati dell’Unione Europea sotto un comune cappello politico.
La formulazione della funzione di utilità in termini logaritmici consente di fissare l’avversione relativa al rischio pari a uno, semplificando. Negli argomenti della funzione di utilità sociale troviamo il consumo al periodo corrente e successivo, e il tasso di preferenza intertemporale ρ, che consente di avere quindi il fattore di sconto 0 < β< 1. Quest’ultimo consente di pesare il consumo futuro, dandogli un valore minore rispetto a quello presente: si suppone che gli agenti preferiscano sistematicamente consumare oggi piuttosto che domani.
Gli agenti derivano la loro utilità da funzioni logaritmiche tra loro identiche. Ciò che supponiamo differenziarsi è il tasso di impazienza col quale scontare il futuro: al fine di costruire una funzione di utilità sociale europea, costruiamo un tasso di impazienza medio.
Quest’ultimo, che dovrà essere usato per scontare il consumo intertemporale nella funzione di utilità sociale europea, sarà quindi una media pesata per la popolazione relativa dei vari Stati sul totale dell’Unione Europea.
Il vincolo delle risorse aggregate è costruito in questo modo. Il reddito è dato nei due periodi in termini di dotazioni esogene di un unico bene di consumo. Le dotazioni crescono nel periodo successivo grazie a una crescita esogena della Total Factor Productivity. Anche qui, la costruzione di un indicatore medio per la TFP avviene pesando i singoli termini per la grandezza relative delle singole economie rispetto all’aggregato europeo.
Come vediamo nella prima delle due equazioni il processo di crescita è soggetto a shock esogeni a media zero. Tra questi troviamo ovviamente l’enorme shock esogeno dovuto al diffondersi della pandemia, e possiamo inserirci anche uno shock di politica fiscale teso a controbilanciare gli effetti del virus. Lo shock di politica fiscale è costruito in modo tale che nel periodo corrente si consegua un deficit positivo(G_0-T_0 )>0. Nel periodo successivo invece lo Stato si impegna a conseguire un avanzo di bilancio 〖(G〗_1-T_1)<0 di entità tale da consentire il pagamento sia del deficit precedente che dei relativi interessi. Il vincolo di bilancio del settore pubblico è così formalizzato:
Formalizziamo anche il vincolo per il settore privato. Nei due periodi l’agente rappresentativo ha a disposizione delle dotazioni Y_0, Y_1, del bene di consumo, e si vedrà tassato per un ammontare pari a T_0 e T_1 ; egli dovrà decidere quanto consumare e quanto risparmiare (C, S). Nel periodo successivo il consumo possibile sarà uguale alla dotazione del periodo, più l’ammontare di risparmio capitalizzato al tasso di interesse vigente, meno le tasse che il settore pubblico consegue per poter ripagare il deficit precedente e gli interessi, come visto poc’anzi.
L’ottimizzazione dell’allocazione intertemporale del consumo mediante Equazione di Eulero ci dà poi la ripartizione del consumo tra periodo presente e futuro:
A questo punto rivolgiamo l’attenzione al tasso di interesse: esso serve sia a guidare le decisioni degli agenti privati sia a formare il vincolo di bilancio del settore pubblico. In una formulazione à-la Ramsey, il tasso di interesse è determinato dal grado di impazienza, dalla crescita della TFP e dalla avversione relativa al rischio (α, che in caso di utilità logaritmica è pari a uno) secondo la seguente formula:
A questo punto ciò che manca è una regola che renda il tasso di interesse vigente sul mercato pari a quello che assicurerebbe l’ottimalità intertemporale delle decisioni di allocazione del consumo e della spesa pubblica. Si può supporre, come di routine nei ‘modelli a tre equazioni’ oggi predominanti (Carlin e Soskice 2005), che ciò avvenga mediante una ‘regola di politica monetaria’. Tra le varie, la ‘Regola di Taylor’ (Taylor 1993) dovrebbe descrivere in media i comportamenti della Banca Centrale riguardo la fissazione del tasso del tasso di interesse nominale.
All’interno di questa ben nota rappresentazione ipotizziamo che: il tasso di interesse reale target sia quello ricavato in precedenza, che l’inflazione attesa π^e sia pari a quella ottimale programmata π^*, e che l’economia (al netto dello shock corrente) sia su un sentiero prossimo a quello ottimale. Otteniamo così che il tasso di interesse nominale che la Banca Centrale deve fissare è pari a
Rammentiamo come sia il vincolo intertemporale sul bilancio pubblico che la fissazione del tasso di interesse delegata alla banca Centrale rappresentano l’aderenza a un sistema di regole miranti sia a evitare problemi di ‘incoerenza intertemporale’ (Kidland e Prescott 1977), sia a far sì che il cammino di crescita su un sentiero determinato da fattori di offerta non venga disturbato da decisioni di politica economica se non per episodici interventi resi necessari da fallimenti di mercato. Abbiamo quindi trovato quel tasso di interesse nominale il quale, tenendo fede a tutti i postulati che hanno informato i criteri di politica economica degli ultimi decenni, deve essere perseguito dalla Banca Centrale.
Il paradosso del mercato che prezza il deficit da fallimenti del mercato
Notiamo allora come, all’interno di questo paradigma, si possa riscontrare un paradosso. Il finanziamento di un deficit di breve periodo, reso necessario sia da un fallimento di mercato in ambito sanitario sia da una situazione con carattere di eccezionalità (e immediatamente ripagato nel periodo successivo), va prezzato ad un tasso di interesse stabilito dalla Banca Centrale secondo criteri di ottimalità intertemporale. Lasciar prezzare questo deficit non alla Banca Centrale ma ai mercati significa lasciare gli Stati esposti alle richieste dei privati, determinando così una deviazione da quello che altrimenti, all’interno di questo tipo di modelli, sarebbe il tasso di interesse “ottimale”.
Questo significa che il paradosso può essere risolto in due modi. Se si sceglie di tenere una funzione di benessere sociale europea, la Banca Centrale deve tenere il tasso di interesse sui deficit conseguiti per finanziare spese come quella sanitaria a un comune livello “ottimale”. Altrimenti, si può uscire dallo status quo rompendo il vincolo della funzione aggregata, lasciando che ogni Paese provveda a massimizzare la propria. Se è già vero che, di fatto, i singoli Paesi provvedono alla fornitura dei propri servizi sanitari domestici, far venir meno il vincolo comune consentirebbe alle Banche Centrali dei singoli Stati il finanziamento di quei deficit che consentono un intervento ritenuto necessario all’interno della letteratura riportata. In conclusone, quella attuale è una situazione intermedia che da un lato viola persino i criteri di quel retroterra teorico che ha contribuito a formare le istituzioni europee per come oggi le conosciamo, mentre dall’altro vorrebbe affidare al giudizio del mercato il finanziamento di misure che la letteratura giudica necessarie proprio perché il mercato stesso non può provvedervi efficientemente.
Riferimenti
Arrow, K. (1963), “Uncertainty and the Welfare Economics of Medical Care”, The American Economic Review, Vol. 53, No. 5, pp. 941-973.
Carlin, W., & Soskice, D. (2005). The 3-equation New Keynesian Model—a graphical exposition. The BE Journal of Macroeconomics, 5(1).
Goulão, C. (2015). Voluntary public health insurance. Public Choice, 162(1), 135-157.
Hurley, J. (2000). An overview of the normative economics of the health sector. In Handbook of Health Economics (Vol. 1, pp. 55-118). Elsevier.
Kydland, F. E., & Prescott, E. C. (1977). Rules rather than discretion: The inconsistency of optimal plans. Journal of Political Economy, 85(3), 473-491.
Rothschild, M., & Stiglitz, J. (1976). Equilibrium in competitive insurance markets: An essay on the economics of imperfect information. In Foundations of Insurance Economics (pp. 355-375). Springer Netherlands
Schreyer, P. (2004). Capital stocks, capital services and multi-factor productivity measures. OECD Economic Studies, 2003(2), 163-184.
Smith, P.C. (2008). Market Mechanisms and the Use of Health Care Resources, in Achieving Better Value for Money in Health Care, OECD Health Policy Studies, OECD, Paris.
Taylor, J. B. (1993). Discretion versus policy rules in practice. In Carnegie-Rochester Conference Series on Public Policy (Vol. 39, pp. 195-214). North-Holland.