La riduzione dei divari territoriali nelle competenze degli studenti è uno degli obiettivi del Programma Nazionale di Ripresa e Resilienza approvato dal governo Draghi che, a tal fine, prevede diversi interventi, tra cui azioni di supporto, formazione e tutorato per dirigenti scolastici, docenti e studenti[1]. In effetti, i test effettuati dall’Ocse e dall’Invalsi mostrano come in Italia esistano ampi divari tra Nord e Sud nelle competenze scolastiche. Divari che si sommano a quelli storici nei livelli di sviluppo tra le due aree.
Nell’ultima rilevazione Ocse-PISA 2018, riguardante gli studenti quindicenni, il risultato medio nei test in matematica è stato di 515 punti al Nord, di 458 al Sud e di 445 punti nella circoscrizione Sud-Isole (Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna)[2]. Si tratta di un divario considerevole, corrispondente a quello che intercorre fra la Svizzera, ai primi posti nella graduatoria internazionale Ocse-PISA, e la Serbia che, nella stessa graduatoria, si posiziona molto al di sotto della media. Nella rilevazione Invalsi 2019, nella prova d’italiano, il 50% degli studenti delle scuole superiori del Sud non ha raggiunto un livello adeguato di competenze rispetto ai traguardi previsti, a fronte del 34% di quelli del Centro e del 22% di quelli del Nord.
Povertà relativa e risultati scolastici
In tutti i paesi, i punteggi nei test scolastici sono mediamente più elevati nelle regioni più ricche. In Italia, la relazione tra punteggi nei test e Pil per abitante regionale è particolarmente evidente: entrambe le variabili mostrano, infatti, un netto gradiente Nord-Sud.
C’è, tuttavia, un’altra variabile che, più del Pil, è in relazione con i risultati scolastici regionali: la povertà relativa. Essa è data dalla quota di famiglie il cui reddito disponibile è inferiore a una data soglia (tipicamente il 50%) di quello mediano regionale. Essendo rapportata al reddito mediano, la povertà relativa è una misura della disuguaglianza economica.
Esaminiamo il legame tra tassi di povertà relativa e punteggi medi nei test in matematica in Italia, Spagna e, per confronto, in un campione più ampio che include le regioni dell’Australia, del Belgio e del Canada. I punteggi in matematica sono tratti dalla rilevazione PISA 2012 (i cui dati sono disponibili per tutte le regioni italiane) e, aspetto molto importante, sono aggiustati per tenere conto dello status socioeconomico e culturale delle famiglie degli studenti, misurato da un apposito indicatore. I tassi di povertà relativa sono di fonte Ocse.
Come mostra la figura 1, riferita alle regioni italiane, la povertà relativa è fortemente correlata con i punteggi regionali in matematica (r = -0,88). Maggiore il tasso di povertà, minore il punteggio medio delle regioni. La figura 2 riporta la relazione tra le due variabili nel campione che include le Comunità autonome della Spagna. Anche in tal caso la correlazione è elevata (r = -0,84). Infine, come mostra la figura 3, il legame tra le due variabili rimane significativo anche nel campione di 54 regioni (r = 0,77).
Fig. 1. Povertà relativa e punteggi nei test in matematica Ocse-Pisa 2012 – regioni italiane
Fig. 2. Povertà relativa e punteggi nei test in matematica Ocse-Pisa 2012 – regioni italiane e spagnole
Fig. 3. Povertà relativa e punteggi nei test in matematica Ocse-Pisa 2012 – 54 regioni
È da sottolineare che l’associazione tra povertà relativa e punteggi in matematica rimane statisticamente robusta anche quando nelle analisi si includono il Pil per abitante regionale e alcune variabili riguardanti la didattica (carenza di insegnanti), le risorse e le strutture scolastiche (dotazione di computer, biblioteche e qualità delle infrastrutture), e il grado di autonomia delle singole scuole. La relazione tra povertà relativa e risultati scolastici si riscontra anche quando si considerano i punteggi nei test PISA 2018 e, nel caso dell’Italia, i test Invalsi (V classe della scuola secondaria).
Disuguaglianze e rendimento scolastico
Le differenze individuali nell’apprendimento scolastico sono spiegate sia da fattori genetici sia da fattori ambientali, che interagiscono tra loro sin dall’infanzia[3]. Il contesto familiare e sociale ha particolare importanza. In tutte le rilevazioni, infatti, gli studenti provenienti da famiglie con basso status socioeconomico e culturale ottengono, mediamente, risultati inferiori di quelli provenienti da famiglie con status più elevato. Il rendimento di ciascuno studente è, poi, influenzato anche dal retroterra socioeconomico e culturale dei compagni di classe, mentre i figli degli immigrati hanno, generalmente, risultati inferiori a quelli degli studenti nativi[4].
Gli studi mostrano come il retroterra socioculturale degli studenti influisca sul rendimento molto più delle risorse scolastiche (qualità degli istituti, laboratori o materiale informatico) che, invece, hanno poca rilevanza. Molto importante è, invece, la qualità dei docenti, che influenza significativamente, e in maniera duratura, l’apprendimento e la carriera degli studenti[5].
Le condizioni socioeconomiche si riflettono, ovviamente, anche sui risultati degli istituti scolastici. Per esempio, nelle scuole situate nei quartieri svantaggiati, i punteggi medi nei test sono inferiori a quelli delle scuole situate nei quartieri ricchi[6].
Anche le differenze regionali nei test sulle competenze riflettono fondamentali diseguaglianze sociali ed economiche. Disuguaglianze che riguardano non solo le condizioni familiari, ma anche l’ambiente extra-familiare in cui gli studenti, sin dall’infanzia, vivono. Infatti, come abbiamo visto, le differenze tra Nord e Sud Italia nei test sulle competenze rimangono ampie anche quando si considerano i punteggi aggiustati per tenere conto dello status socioeconomico e culturale delle famiglie degli studenti.
Se l’influenza dei fattori ambientali sull’apprendimento è così pervasiva, per comprendere perché i risultati scolastici varino tra studenti, tra scuole o tra regioni non è tanto all’interno delle mura scolastiche che bisogna guardare quanto, piuttosto, all’esterno di esse, cioè all’ambiente in cui gli studenti vivono e in cui le scuole operano. Misurando l’esito del processo d’apprendimento, i test sulle competenze misurano anche le disuguaglianze socioeconomiche tra individui e tra territori.
*Quest’articolo sintetizza alcuni risultati del seguente lavoro, cui rimando per approfondimenti: V. Daniele, Socioeconomic inequality and regional disparities in educational achievement: The role of relative poverty, Intelligence, vol. 84, 2021, 101515 (download).
[1] Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, 25 aprile 2012, p. 196. Tali misure si affiancano ad altre, previste nello stesso Piano, dirette a rafforzare, sotto il profilo qualitativo e della dotazione di risorse materiali, il sistema dell’istruzione.
[2] OECD. PISA 2018 Results (Volume I): What Students Know and Can Do, OECD, 2019.
[3] K. Asbury, R. Plomin, G come Geni. L’impatto della genetica sull’apprendimento, Raffaello Cortina Editore, 2015.
[4] A. Schleicher, PISA 2018. Insights and Interpretations, OECD, 2109. W. H. Schmidt, N. A. Burroughs, P. Zoido, R. T. Houang, The role of schooling in perpetuating educational inequality: an international perspective, Educational Researcher 44(7), 2015, 371–386.
[5] Lo si osservava già nel Rapporto Coleman (1966), riferito agli Stati Uniti. Cfr. J. S. Coleman et al., Equality of Educational Opportunity, Washington, 1966. Per l’importanza dei docenti: D. Goldhaber, In schools, teacher quality matters most, Education Next 16(2), 2016, 56-62. Cfr. Anche K. Asbury, R. Plomin, G come Geni, cit., pp. 129-130.
[6] J. Rasbash, J., G. Leckie, R. Pillinger, J. Jenkins, Children’s educational progress: Partitioning family, school and area effects, Journal of the Royal Statistical Society, Series A, 173, 2010, 657–682. T. Leventhal, V. Dupéré, Neighborhood effects on children’s development in experimental and nonexperimental research, Annual Review of Developmental Psychology 1(1), 2019, 149-176.