1. Introduzione
La guerra in Ucraina ha posto drammaticamente il problema della nostra indipendenza energetica che, per un paese dotato di insufficienti fonti proprie, non significa immediata autarchia, ma intelligente diversificazione dei canali di approvvigionamento (vedi tabella 1 su tassi di dipendenza nell’Unione Europea, come percentuale delle importazioni nette di prodotti energetici sul consumo interno lordo, con l’Italia che si colloca all’ottanta per cento, vedi tabella 2, per la percentuale di produzione nazionale e le tabelle 3,4 e 5 per le quote di importazioni EU di carbone, petrolio e gas, per paesi fornitori)[1]. Ovviamente questa diversificazione richiederà tempi lunghi e una decisa azione diplomatica verso i paesi in grado di fornire risorse energetiche. Nel lungo periodo, tuttavia, la piena indipendenza energetica, potrà essere affrontata solo con l’implementazione di centrali nucleari (costose e con problemi irrisolti di sicurezza) o con imponenti investimenti in energie rinnovabili[2]. Entrambe le scelte mobiliteranno ingenti risorse per la realizzazione e soprattutto richiederanno una chiara scelta del modello di sviluppo e di governance da seguire. Inoltre, e non è un problema secondario, il tema energetico si interseca inevitabilmente con quello del futuro ruolo dell’Unione.
Tab. 1. Tassi di dipendenza energetica EU 27 (% importazioni nette sul consumo interno lordo) 2020
Fonte: ENEA, Eurostat
Tab. 2. Peso produzione nazionale sul consumo di energia (in percentuale)[3]
Fonte: Eurostat
Tab. 3. Principali paesi fornitori di carbone (dati in percentuale di importazioni EU)
2009 | 2010 | 2011 | 2012 | 2013 | 2014 | 2015 | 2016 | 2017 | 2018 | 2019 | |
Russia | 22,9 | 22,4 | 21,9 | 20,2 | 23,9 | 25,1 | 26,4 | 28,7 | 35,4 | 39,5 | 43,5 |
Stati Uniti | 13 | 15,3 | 16,6 | 20,7 | 18,5 | 17 | 12,4 | 11,9 | 14,8 | 17,3 | 16,8 |
Australia | 7 | 9,6 | 8,2 | 8 | 8,8 | 7,5 | 11,1 | 15,3 | 10,8 | 11 | 13,1 |
Colombia | 15,1 | 15,4 | 18,6 | 19,1 | 16,4 | 17 | 19,3 | 18,7 | 15,9 | 12,8 | 7,6 |
Sud Africa | 15,5 | 9,6 | 8,6 | 7,4 | 7,1 | 9,1 | 7,7 | 5,1 | 4,8 | 2,7 | 2,7 |
Canada | 1,6 | 1,9 | 2,3 | 1,9 | 2,1 | 3,1 | 1,6 | 2,3 | 2,4 | 2,4 | 2,2 |
Kazakistan | 0,2 | 0,2 | 0,3 | 0,3 | 0,3 | 0,7 | 0,5 | 0,6 | 0,6 | 0,9 | 2,1 |
Indonesia | 7,1 | 5,5 | 5,5 | 5,4 | 3,9 | 4,3 | 4,2 | 3,2 | 3,3 | 3,5 | 2,1 |
Monzambico | 0 | 0 | 0,1 | 0 | 0,2 | 0,3 | 0,5 | 0,7 | 1,2 | 1,6 | 1,5 |
Altri | 17,6 | 20,1 | 17,8 | 16,9 | 18,8 | 15,8 | 16,2 | 13,6 | 10,9 | 8,4 | 8,5 |
Fonte: Eurostat
Tab. 4. Principali paesi fornitori di petrolio (dati in percentuale di importazioni EU)
2009 | 2010 | 2011 | 2012 | 2013 | 2014 | 2015 | 2016 | 2017 | 2018 | 2019 | |
Russia | 33,7 | 34,7 | 35,1 | 33,9 | 34,5 | 31,4 | 29,7 | 32,4 | 30,7 | 29,6 | 26,8 |
Irak | 3,9 | 3,3 | 3,7 | 4,3 | 3,8 | 4,8 | 7,8 | 8,5 | 8,4 | 8,6 | 8,9 |
Nigeria | 4,1 | 3,8 | 5,6 | 7,2 | 7,2 | 8,3 | 7,7 | 5,2 | 5,8 | 7 | 7,8 |
Arabia Saudita | 5,8 | 6 | 8,3 | 9,1 | 8,7 | 9 | 7,9 | 7,7 | 6,5 | 7,4 | 7,7 |
Kazakistan | 5,4 | 5,6 | 5,9 | 5,3 | 6 | 6,7 | 6,8 | 7 | 7,6 | 7,1 | 7,3 |
Norvegia | 9,5 | 7,7 | 7,2 | 6,8 | 8,1 | 9,2 | 8,4 | 7,9 | 7,7 | 7,2 | 6,9 |
Libia | 8,8 | 9,8 | 2,7 | 7,9 | 5,4 | 3,3 | 2,5 | 2,2 | 4,8 | 6,1 | 6,2 |
Stati Uniti | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 | 0,2 | 0,6 | 0,9 | 2,4 | 5,2 |
Regno Unito | 4,9 | 5,6 | 4,5 | 4,4 | 4,2 | 4,2 | 4 | 4,1 | 4,1 | 3,9 | 4,9 |
Azerbaijan | 4,1 | 4,5 | 5,1 | 4 | 5 | 4,6 | 5,3 | 4,6 | 4,6 | 4,6 | 4,5 |
Altri | 19,7 | 19 | 21,8 | 17 | 17 | 18,5 | 19,9 | 19,9 | 18,8 | 16,3 | 13,8 |
Fonte: Eurostat
Tab. 5. Principali paesi fornitori di gas naturale e liquido (dati in percentuale di importazioni EU)
2009 | 2010 | 2011 | 2012 | 2013 | 2014 | 2015 | 2016 | 2017 | 2018 | 2019 | |
Russia | 26,9 | 26,3 | 27,9 | 28,4 | 33,5 | 30,5 | 30,8 | 36,2 | 34,5 | 34,4 | 34,3 |
Norvegia | 18,5 | 17,2 | 17,1 | 19,4 | 17,9 | 19,9 | 19,8 | 15,8 | 15,4 | 14,9 | 13,2 |
Qatar | 6,2 | 9,2 | 8,8 | 7 | 6,2 | 5,5 | 6,1 | 5,5 | 6,8 | 7,5 | 8,3 |
Algeria | 14,8 | 14,5 | 13,4 | 13,3 | 12,5 | 12,5 | 10,9 | 13,5 | 11,3 | 11,1 | 7,7 |
Nigeria | 3,9 | 6,5 | 6,5 | 5,1 | 2,8 | 2,3 | 3,2 | 3,6 | 4,4 | 4,6 | 5,3 |
Stati Uniti | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 | 0,1 | 0,8 | 1,1 | 4,8 |
Regno Unito | 2,5 | 2,8 | 3,2 | 2,6 | 2,3 | 2,4 | 3,1 | 2,3 | 2,5 | 1,9 | 2,1 |
Trinidad e Tobago | 2,7 | 1,7 | 1,7 | 1,4 | 1,2 | 1,3 | 0,8 | 0,4 | 0,4 | 1,1 | 1,9 |
Altri | 24,3 | 21,8 | 21,4 | 22,9 | 23,7 | 25,7 | 25,4 | 22,5 | 23,9 | 23,4 | 22,4 |
Fonte: Eurostat
Intanto sul fronte energetico siamo posti di fronte ad una tempesta perfetta che ha cominciato a manifestarsi nello scorso autunno con un aumento deciso dei prezzi delle risorse energetiche. Diverse le cause: innanzitutto la rapida ed estesa ripresa post pandemica ha determinato un incremento eccezionale della domanda mondiale per usi residenziali e industriali, a cui si è aggiunto un aumento della concorrenza sui mercati internazionali di gas naturale liquefatto (Gnl) e una riduzione dei flussi in entrata provenienti dai parchi eolici offshore del Nord Europa per condizioni meteorologiche avverse, a cui si è aggiunto lo stop ad alcuni reattori nucleari, il progressivo esaurimento del giacimento di Groningen in Olanda e la mancata attivazione del gasdotto Nord Stream 2. Un’altra spinta è venuta dall’aumento dei prezzi dei permessi per le emissioni di anidride carbonica scambiati nel sistema Emissions Trading Scheme (ETS) (le “quote di emissione di CO2”) dell’Unione Europea, finalizzati a disincentivare l’utilizzo di energia prodotta da fonti fossili (carbone, petrolio) incentivando il passaggio a forme di energia più pulite. Aumento della domanda, riduzione dell’offerta e vincoli istituzionali dettati dalla strategia della transizione ecologica, sono quindi le cause primarie alla base dei record dei prezzi registrati dall’autunno scorso. L’invasione dell’Ucraina ha in ultimo contribuito alla formazione aspettative negative rafforzando l’intensità della tempesta perfetta. Secondo l’Autorità di Regolazione per Energia Reti Ambiente (ARERA)[4], nel 2021, il prezzo del gas naturale in Europa, su una media annua, è salito a 48 €/MWh rispetto al livello di circa 10 €/MWh nel 2020 e di 15 €/MWh nel 2019[5]. Il prezzo medio delle quote di emissione di CO2 è salito a 53 €/MWh nel 2021 da circa 25 €/MWh (nel biennio 2019-2020). Il prezzo dell’energia elettrica nei principali mercati spot europei è aumentato rispetto al 2020 di oltre il 200% nel 2021 e rispetto al 2019 di oltre il 100%. Nonostante la presenza di fonti alternative, il gas resta la risorsa con una maggiore flessibilità tecnica e quindi in grado di adeguarsi rapidamente alle variazioni della domanda all’ingrosso di energia elettrica in Europa. Il prezzo di equilibrio sul mercato all’ingrosso dell’energia elettrica si forma sul costo dell’impianto fornitore con i costi marginali più alti che è in grado in un determinato momento di soddisfare la domanda, e quindi in un periodo di forte volatilità della domanda si rafforza il ruolo del gas[6]. D’altra parte, l’incremento del prezzo del gas ha incentivato una corsa alle fonti alternative, causando un ulteriore aumento dei prezzi soprattutto delle fonti rinnovabili, ma anche di carbone e petrolio (nel 2020 pari a 50 dollari al barile, si stima che durante il 2022 il prezzo si attesterà sopra i 100 dollari al barile).
Questa tempesta perfetta acuirà certamente le contraddizioni e i limiti che caratterizzano l’approvvigionamento energetico dei paesi membri dell’Unione Europea. Nel contesto europeo si sono confrontate due visioni alternative delle policy in campo energetico, riconducibili ai due paradigmi che hanno animato il dibattito economico del secolo scorso: il paradigma liberista ed il paradigma interventista.
In estrema sintesi, il paradigma liberista, anche in campo energetico, sostiene che in assenza di ostacoli alla concorrenza, il mercato alloca le risorse in maniera efficiente, le decisioni economiche sono guidate dai prezzi e le variazioni dei prezzi riflettono fedelmente le variazioni dei fondamentali e quindi i prezzi sono indici corretti di scarsità. A fronte di shock nei fondamentali ed in mancanza di sufficienti risorse di flessibilità di sistema, come ad esempio scorte che assorbano eccessi o carenze di offerta e di domanda, i prezzi subiscono forti oscillazioni e gli operatori sono esposti al rischio di perdite. Per gestire la volatilità dei prezzi, gli operatori necessitano di strumenti di copertura negoziati in mercati a termine, la cui funzione è allocare il rischio a chi è meglio attrezzato per gestirlo; l’allocazione è tanto più efficiente quanto più liquidi sono i mercati a termine, cioè quanto è più facile trovare la controparte. Il mercato ha, quindi, la capacità di rendere stabile il sistema nel lungo periodo: frequenti eccessi di domanda o di offerta generano volatilità di prezzo, che a sua volta genera domanda di risorse di flessibilità, il cui aumento assorbe gli eccessi di domanda e di offerta.
L’operatore pubblico ha il solo compito di garantire il corretto funzionamento dei mercati, sia a pronti che a termine, stabilendo e facendo rispettare le regole del gioco, rimuovendo le barriere alla concorrenza, senza in alcun modo interferire nel processo di formazione del prezzo. Eventuali misure di carattere perequativo, atte a sostenere i soggetti più vulnerabili, possono essere intraprese a condizione di non distorcere il funzionamento del mercato.
Al contrario, il paradigma interventista, pur riconoscendo al mercato la capacità di allocare le risorse nel breve periodo in maniera efficiente, ritiene che il livello di investimenti decisi individualmente dagli operatori di mercato non sia sufficiente a garantire adeguatezza e flessibilità del sistema. Adeguatezza e flessibilità sono, infatti, caratteristiche del sistema nel suo complesso ed in quanto tali sono assimilabili a beni pubblici, la cui fornitura in contesto di mercato è sub-ottimale (fallimento di mercato). In altri termini, il mercato può allocare correttamente i rischi individuali ma non ridurre i rischi di sistema. Per fare ciò, occorre agire sui fondamentali, anche attraverso misure extra economiche, come nel caso dei rischi geopolitici. Tipici esempi sono la diversificazione geografica delle fonti e l’approvvigionamento da fonti più costose, ma ritenute più affidabili.
Infine, il funzionamento del mercato nelle situazioni di crisi tende ad amplificare gli effetti degli shock con movimenti speculativi o anche anticipando eventi futuri e pertanto necessita di interventi di stabilizzazione da parte dell’operatore pubblico che, ancora una volta, incidano sui fondamentali e non si limitino a traslare gli effetti economici degli shock di prezzo da un operatore all’altro (es. dal consumatore al produttore). All’interno del paradigma interventista sono individuabili due distinti approcci che potremmo definire rispettivamente interventismo estemporaneo e interventismo strutturale. Nel primo caso, gli interventi proposti mirano a risolvere problemi contingenti, senza mettere in discussione l’architettura complessiva del sistema energetico; nel secondo caso, la ricerca delle soluzioni ai problemi di allocazione non si limita ai soli meccanismi di mercato, ma si indirizza anche verso modelli di gestione pubblica delle risorse energetiche.
Il presente contributo persegue i seguenti obiettivi: stabilire in che misura elementi di ciascun paradigma siano riflessi nel disegno di mercato europeo dell’energia (sezione 2); confrontare e valutare le risposte all’attuale situazione di crisi, alla luce dei differenti paradigmi (sezione 3); contestualizzare il dibattito al caso italiano (sezione 4); concludere proponendo un cambio di prospettiva (sezione 5).
2. Alcuni elementi del quadro normativo europeo sul disegno di mercato
Uno dei principi fondanti l’Unione europea è il principio della libera circolazione delle merci[7]. A tale principio sono ispirati molteplici interventi normativi sia del Parlamento e del Consiglio europei che della Commissione europea. Tra questi, particolare importanza rivestono gli interventi di armonizzazione delle disposizioni nazionali, che consistono nella definizione di regole comuni a tutti gli Stati membri, volte a favorire lo sviluppo ed il completamento del mercato unico. Il settore dell’energia è stato oggetto di interventi di armonizzazione che si sono susseguiti nel tempo, a partire dalle direttive della seconda metà degli anni ’90 del secolo scorso[8]. Gli interventi, chiamati in gergo “pacchetti”, perché composti sia da direttive che da regolamenti, hanno introdotto principi generali e norme di dettaglio attraverso cui è stato definito il disegno del mercato interno dell’energia. Recentemente è stata recepita nell’ordinamento italiano, con il decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 210, la direttiva UE 2019/944 relativa a norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica, da leggere in combinato disposto con il Regolamento UE 2019/943, anch’esso sul mercato interno dell’energia. I due atti contengono alcuni dei principi e delle regole che maggiormente caratterizzano il disegno dell’attuale mercato all’ingrosso europeo dell’energia elettrica. Completano il quadro normativo, inserendo regole di dettaglio, i regolamenti della Commissione 2015/1222, 2016/1719 e 2017/2195.
È possibile dividere in tre fasi l’evoluzione del processo normativo del settore energetico europeo: la prima fase si caratterizza per il superamento dei monopoli nazionali e l’avvio del processo di liberalizzazione; la seconda fase per la creazione e il completamento del mercato interno dell’energia; la terza fase per la transizione verso un’economia a zero emissioni di carbonio.
L’attuale disegno di mercato è stato delineato principalmente nella fase di creazione e completamento del mercato interno e definisce sia la struttura di alto livello del mercato (macrostruttura), attraverso la statuizione di principi generali, sia la struttura di dettaglio (microstruttura), attraverso la definizione di norme e procedure specifiche di funzionamento. Se da un lato il legislatore si ispira al principio della libera concorrenza e quindi riduce al minimo l’intervento diretto dello Stato nel settore, dall’altro tende a regolare il funzionamento del mercato in maniera pervasiva, prevedendo che siano sottoposti ad approvazione anche i termini e le condizioni con cui avvengono gli scambi, nonché le metodologie utilizzate nel processo di formazione del prezzo all’ingrosso. A tal proposito, è utile richiamare la relazione che intercorre, nel settore elettrico, tra due beni distinti ma fortemente interrelati: la capacità di trasporto e l’energia. La capacità di trasporto è un bene offerto in condizioni di monopolio naturale e pertanto il legislatore ne ha previsto l’allocazione attraverso meccanismi regolati. Tuttavia, il meccanismo scelto per allocare la capacità di trasporto nei mercati a pronti si basa sull’allocazione congiunta di capacità ed energia (c.d. allocazione implicita). Pertanto, nel definire le regole per l’allocazione della capacità di trasporto, il legislatore ha definito anche le regole di allocazione dell’energia. Siamo di fronte ad un caso di mercato liberalizzato le cui modalità di funzionamento sono però totalmente regolate.
La macrostruttura del mercato all’ingrosso dell’energia delinea una successione di mercati, ordinati in base all’intervallo di tempo che intercorre tra la chiusura della sessione di negoziazione e la consegna del bene, definiti come: mercato in tempo reale (la chiusura della sessione di negoziazione è quasi contestuale alla consegna del bene) mercato infragiornaliero (il bene è consegnato nella stessa giornata in cui si chiude la sessione di negoziazione), mercato del giorno prima (il bene è consegnato nel giorno successivo a quello in cui si chiude la sessione di negoziazione) e altri mercati a termine.
Il meccanismo di allocazione scelto a riferimento per ciascuno di questi mercati è il modello di mercato concorrenziale, con correzione delle esternalità attraverso strumenti pigouviani (e.g. sussidi per le rinnovabili , meccanismo di cap&trade per le emissioni di CO2) per quanto concerne le esternalità ambientali e con strumenti di public procurement per quanto riguarda le esternalità legate alla sicurezza dell’approvvigionamento, sia nel breve (mercato dei servizi ancillari) che nel lungo periodo (mercato della capacità di generazione).
È utile ricordare che sono previsti interventi da parte degli Stati nella fissazione dei prezzi al dettaglio, ma solo in casi eccezionali e per limitati periodi di tempo. In condizioni normali, il processo di formazione dei prezzi è previsto che si basi sul libero incontro tra domanda ed offerta e l’intervento del decisore pubblico deve mirare a rimuovere gli ostacoli alla concorrenza, a favorire la trasparenza dell’informazione e a garantire l’accesso alle infrastrutture essenziali gestite in regime di monopolio naturale.
È quindi lecito chiedersi se il disegno di mercato, concepito prima di dare avvio alla transizione energetica, sia idoneo a supportare la profonda trasformazione dei processi di produzione e consumo che la transizione richiede o se, piuttosto, sia necessario elaborare un disegno apposito per un sistema energetico in transizione, per poi eventualmente ritornare all’attuale architettura di mercato, una volta raggiunto l’obiettivo.
3. Reazione dell’Unione Europea e degli Stati membri alla crisi energetica
In prima battuta, la Commissione Europea ha reagito alla crisi dei prezzi energetici attraverso due Comunicazioni al Parlamento ed al Consiglio. Successivamente, nel maggio 2022, su sollecitazione del Parlamento e del Consiglio, la Commissione ha pubblicato un piano, denominato RePowerEU[9], per dare seguito a quanto prospettato nella seconda comunicazione.
La prima Comunicazione, Tackling rising energy prices: a toolbox for action and support[10] ha lo scopo di supportare misure appropriate e coordinate tra gli Stati membri, volte a mitigare l’impatto della temporanea ascesa dei prezzi energetici. La necessità di indirizzare gli Stati membri ad intraprendere misure coordinate appare tanto maggiore quanto più ampio si è rivelato il divario tra le posizioni espresse dagli Stati[11]. Infatti, se la maggior parte degli Stati ha utilizzato principalmente trasferimenti a beneficio dei clienti finali penalizzati dal rincaro dei prezzi, alcuni Stati hanno adottato misure più invasive quali la tassazione degli extraprofitti (es. Italia, Francia, Spagna, Romania) o l’obbligo di vendita a termine di energia a prezzi calmierati (es. Francia, Spagna, Bulgaria, Portogallo)[12].
Le misure contenute nella “cassetta degli attrezzi” proposta dalla Commissione sono temporanee e non distorsive del mercato. Sono incoraggiati interventi a carattere principalmente redistributivo, di natura fiscale, a tutela dei clienti vulnerabili, delle piccole e medie imprese e delle industrie energivore. Benché non ci siano misure che modifichino l’attuale disegno di mercato, la Commissione annuncia l’intenzione di voler intraprendere alcune attività che potrebbero preludere ad un cambio di assetto, quali ad esempio:
- contribuire, con gli Stati membri, a sviluppare il mercato dei contratti di acquisto di energia elettrica a lungo termine;
- investigare su possibili comportamenti anti-competitivi nel mercato energetico;
- esplorare i possibili benefici dell’approvvigionamento congiunto di riserve di gas;
- valutare i benefici e le lacune dell’attuale disegno di mercato elettrico all’ingrosso.
Queste intenzioni sembrano rivelare il sospetto della Commissione che non sia sufficiente limitarsi a gestire la crisi contingente, ma che occorra verificare se il modello scelto per il sistema energetico europeo sia adeguato alla sfida della transizione ecologica. In particolare, la Commissione nota che la regola di determinazione del prezzo basata sull’offerta marginale lega indissolubilmente il prezzo dell’energia elettrica a quello del gas, combustibile utilizzato dagli impianti che fissano il prezzo nella maggior parte delle ore. Inoltre, la Commissione aggiunge che col crescere del numero di ore in cui a fare il prezzo saranno le fonti rinnovabili (in particolare il solare e l’eolico), il cui costo marginale è nullo, aumenteranno i casi in cui il prezzo di sistema sarà nullo o addirittura negativo. Tuttavia, questa giusta constatazione non spinge la Commissione a chiedersi se l’attuale disegno di mercato, basato principalmente sul mercato a pronti e sul prezzo della sola energia, sia il più idoneo a transitare il sistema verso lo scenario di totale decarbonizzazione. Non sembra affiorare il dubbio che la transizione dell’intero sistema economico dalle fonti fossili a quelle rinnovabili richieda, oltre a regole chiare e stabili, anche una vera e propria attività di pianificazione di lungo termine.
Nella Comunicazione RePowerEU, la Commissione Europea traccia due linee di intervento principali, una di carattere strutturale e l’altra di carattere congiunturale. Della linea di intervento strutturale fanno parte, da un lato, la verifica di possibili opzioni per migliorare il disegno del mercato elettrico, dall’altro la riduzione della dipendenza dal gas russo. Mentre del primo obiettivo (miglioramento del disegno di mercato) la Commissione non se ne occupa direttamente ma assegna alla Agenzia dei regolatori europei il compito di effettuare l’analisi e formulare proposte[13], del secondo si fornisce indicazioni su due misure: i) la sostituzione laddove possibile, del gas con fonti rinnovabili di energia (idrogeno, fotovoltaico, eolico) e, laddove non possibile, ii) la sostituzione del gas russo con gas proveniente da altri fornitori. Lo sviluppo delle fonti alternative dovrà essere favorito dalla semplificazione delle procedure amministrative e dal supporto finanziario dei contratti di approvvigionamento di energia di lungo termine (power purchase agreement). La diversificazione geografica dell’approvvigionamento del gas sarà resa possibile, invece, dallo sviluppo dell’importazione a mezzo di navi metaniere (LNG) e dal maggiore sfruttamento dei gasdotti provenienti da altri Paesi. La linea di intervento congiunturale si basa sull’adozione di strumenti anticrisi, quali sussidi, tasse sui profitti, prezzi regolati e su una politica comune di stoccaggio del gas. Le misure congiunturali delegate agli Stati membri dovranno essere proporzionate, temporanee e non distorsive del mercato. I sussidi, sotto forma di ristori temporanei alle imprese in difficoltà, potranno essere finanziati con il ricorso alla tassazione degli extraprofitti lucrati dalle compagnie energetiche a seguito dell’aumento dei prezzi e dai maggiori proventi delle aste di aggiudicazione dei diritti di emissione (Emission Trading System).
Il piano per dare attuazione a RePowerEU, cheha come obiettivo principale la rapida riduzione della dipendenza dall’energia da fonte fossile proveniente dalla Russia, si articola in azioni di carattere generale e linee di intervento più specifiche. Per alcune azioni sono indicati anche obiettivi di natura quantitativa. La tabella 6 sintetizza le caratteristiche salienti del piano.
Tab. 6 Sintesi del Piano RepowerEU
Azioni | Interventi specifici | Obiettivi quantitativi |
Risparmiare energia | Emendare la Direttiva Efficienza EnergeticaRidurre l’IVA sui sistemi di riscaldamento efficienti e l’isolamento termico degli edificiAggiornare i Piani Nazionali Integrati per l’Energia e il Clima (PNIEC) | Ridurre il consumo di gas del 30% entro il 2030, in linea con il pacchetto “Fit for 55”Aumentare l’obiettivo di risparmio energetico indicato nella Direttiva Efficienza Energetica dall’attuale 9% al 13% del consumo previsto per il 2030 nello scenario di riferimento elaborato nel 2020 |
Diversificare le fonti di approvvigionamento | Creare una Piattaforma europea per l’approvvigionamento comune e su base volontaria di gas, LNG e idrogenoSviluppare un meccanismo di acquisto congiunto che concluda contratti per conto degli Stati membri aderenti | |
Sostituire i combustibili fossili accelerando la transizione energetica | Attuare la Strategia solare EU[14], in particolare l’iniziativa europea per i pannelli solari sui tetti Rivedere i requisiti per i pannelli fotovoltaici e le pompe di caloreAccelerare le procedure autorizzative per i progetti di energia rinnovabile e agevolare gli accordi di compravendita di energia[15]Mobilitare i finanziamenti EU per idrogeno e biometanoAumentare la flotta di veicoli a zero emissioni | Ridurre il consumo di gas di ulteriori 35 miliardi di metri cubi rispetto alle previsioni del pacchetto “Fit for 55”Aumentare l’obiettivo di quota di energia rinnovabile al 2030 previsto dalla Direttiva Energia Rinnovabile dall’attuale 40% al 45%Installare ulteriori 320 GW di fotovoltaico al 2025 per arrivare a 600 GW al 2030Arrivare a produrre 10 milioni di tonnellate di idrogeno rinnovabile ed importarne altrettante al 2030Arrivare a produrre 35 miliardi di metri cubi di biometano al 2030 |
Combinare investimenti e riforme | Emendare il Regolamento che istituisce il dispositivo per la ripresa e resilienza (RRF)Aggiungere nei Piani Nazionali di Ripresa e Resilienza (PNRR) un capitolo dedicato all’attuazione del REPowerEU | Realizzare 210 miliardi di euro di investimenti aggiuntivi al 2027[16]Aumentare la dotazione finanziaria dell’RRF di 20 miliardi di € sotto forma di sovvenzioni, provenienti dalla vendita di quote di emissioni del sistema ETS |
Dopo l’annuncio dell’European Grean Deal (dicembre 2019) ed il pacchetto Fit for 55 (luglio 2021), con REPowerEU (maggio 2022) la Commissione Europea, nell’arco di meno di 3 anni, ha impresso un’ulteriore accelerazione al processo di transizione energetica, questa volta proponendo un piano, sulla spinta dell’emergenza geopolitica. Come mostra anche la tabella 6, il concetto di piano ricorre nella terminologia europea (si pensi al PNIEC e al PNRR) a diversi livelli di intervento, sia sovranazionali che nazionali[17]. Ma qual è la natura del processo di pianificazione europeo? Al di là dell’evidente approccio top-down, una delle caratteristiche più discutibili dei processi di pianificazione europea sembra essere la mancanza di chiarezza e specificazione riguardo a chi fa cosa, quando, come e cosa accade se il compito non è eseguito correttamente. Una approfondita disamina dei processi di pianificazione europea esula dagli obiettivi del presente lavoro e meriterebbe di essere oggetto di future attività di ricerca.
4. Il problema italiano
La politica energetica in Italia è stata delineata sostanzialmente dal decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79 (Decreto Bersani), che ha recepito nell’ordinamento italiano la direttiva comunitaria 96/92/CE del 19 dicembre 1996, segnando la fine del monopolio dell’ENEL con la liberalizzazione del mercato[18]. Un processo che è ancora in corso, in quanto il mercato attuale è distinto in due settori: il mercato libero e il mercato a maggior tutela, che fino ad ora ha fornito ai clienti finali energia elettrica a prezzi allineati con quelli del mercato all’ingrosso, secondo quanto stabilito dall’ARERA[19]. Il processo di privatizzazione fu anticipato nel 1992 (legge n. 359 dell’8 agosto 1992), con la trasformazione dell’ENEL in società per azioni, un provvedimento adottato per rispondere soprattutto alla situazione di emergenza creata dalla crisi della finanza pubblica, e che stabilì una forma ibrida di assetto istituzionale con la convivenza di un residuo potere di monopolio, che si esprime in una regolamentazione pubblica (ancora oggi presente nel mercato tutelato) e un modello orientato ad una logica di mercato, seppur non pienamente dispiegata. L’assetto del settore elettrico italiano è stato dunque ridefinito facendo ricorso ad una pluralità di modelli organizzativi[20].
Per quanto riguarda gli scambi di energia, il Decreto Bersani ha previsto la coesistenza del mercato organizzato con controparte centrale[21] e della negoziazione bilaterale diretta, nonché l’approvvigionamento centralizzato per alcune categorie di consumatori attraverso un’impresa pubblica, l’Acquirente Unico. Per quanto riguarda l’approvvigionamento dei servizi ancillari e l’erogazione del servizio di dispacciamento, il Decreto ha adottato il modello di operatore di sistema indipendente (il Gestore della Rete di Trasmissione Nazionale).
Gli sviluppi successivi hanno modificato in parte questo assetto originario: la separazione proprietaria tra generazione e trasmissione elettrica ha portato al superamento del modello di operatore indipendente di sistema in favore del modello di gestore di rete di trasmissione (compito affidato attualmente a Terna, società controllata da Cassa Depositi e Prestiti); l’approvvigionamento centralizzato di energia per i clienti tutelati, affidato ancora all’Acquirente Unico, è stato confinato al solo mercato a pronti (mercato del giorno prima); il compito di garantire l’adeguatezza del sistema, ovvero assicurare che ci sia sufficiente capacità di generazione nel lungo periodo, è stato assegnato al gestore di rete, che opera come monopsonista regolato nel mercato della capacità; accanto alla negoziazione bilaterale si sono sviluppati altri due segmenti di mercato a termine, uno fisico gestito dal Gestore dei Mercati Energetici e l’altro finanziario, gestito dalla Borsa Italiana; il compito di sussidiare l’energia prodotta da fonti rinnovabili è stato affidato ad un’altra impresa pubblica, il Gestore dei Servizi Energetici. La presenza pubblica nel settore energetico è quindi ancora rilevante, non solo riguardo agli operatori istituzionali appena citati, ma anche riguardo ai partecipanti al mercato (sia ENEL che ENI sono società controllate da Cassa Depositi e Prestiti e quindi dal Ministero dell’Economia). Pertanto, il settore pubblico italiano dispone già, in linea di principio, degli strumenti per implementare la pianificazione di interventi necessari ad accelerare la transizione energetica e con essa una maggiore indipendenza dall’estero.
Il processo di liberalizzazione avrebbe dovuto favorire la diminuzione del prezzo dell’energia elettrica in Italia per effetto di una più estesa ed efficace concorrenza, ma ancora oggi, a quasi trenta anni dalla liberalizzazione, la spesa in energia per i consumatori italiani resta più elevata della media UE (tabella 7). Il prezzo elevato è il prodotto di diverse cause: 1. mix limitato delle fonti energetiche disponibili[22]; 2. peso elevato di imposte e oneri non recuperabili; 3. eccessiva dipendenza dall’estero (e in particolare dal gas russo, vedi grafico 1) e quindi maggiore vulnerabilità agli shock di offerta; 4. comportamenti speculativi di fornitori sul mercato; 5. costi levati di produzione di centrali elettriche obsolete. Il fattore certamente più nocivo per il contenimento dei prezzi è dato dalla limitatezza delle fonti disponibili; un limite che è stato definito da due referendum popolari, quello del 1987 che segnò l’uscita dal nucleare e quello del 2016 che fermò le trivellazioni marine e l’estrazione di gas e petrolio entro il limite di 12 miglia nautiche delle acque territoriali.
Tab.7. Prezzi al lordo di imposte per fascia di consumo annuo per usi domestici (in euro per kWh, 2020)
< 1000 | 1000-2500 | 2500-5000 | 5000-15000 | > 15000 | |
Francia | 42,28 | 22,84 | 19,26 | 17,70 | 17,05 |
Germania | 45,86 | 33,87 | 30,25 | 28,32 | 25,51 |
Italia | 50,46 | 24,69 | 21,90 | 20,73 | 18,40 |
Spagna | 64,56 | 28,64 | 22,69 | 18,28 | 16,29 |
Unione Europea | 39,43 | 24,24 | 21,34 | 19,57 | 18,37 |
Area Euro | 42,81 | 25,79 | 22,68 | 20,95 | 19,63 |
Fonte: ARERA, elaborazione su dati Eurostat
Tab.8. Produzione di energia secondo fonti (in GWh, 2010-2020)
Idroelettrica | Termoelettrica tradizionale | Geo-termo-elettrica | Eolica e fotovoltaica | |
2010 | 54.407 | 231.248 | 5.376 | 11.032 |
2011 | 47.757 | 228.507 | 5.654 | 20.652 |
2012 | 43.854 | 217.561 | 5.592 | 32.269 |
2013 | 54.672 | 192.987 | 5.659 | 36.486 |
2014 | 60.256 | 176.171 | 5.916 | 37.485 |
2015 | 46.969 | 192.054 | 6.185 | 37.786 |
2016 | 44.257 | 199.430 | 6.289 | 39.793 |
2017 | 38.025 | 209.485 | 6.201 | 42.120 |
2018 | 50.503 | 192.730 | 6.105 | 40.370 |
2019 | 48.154 | 195.733 | 6.075 | 43.891 |
2020 | 49.495 | 181.306 | 6.026 | 43.703 |
Fonte: Terna, dati storici
Tab.9. Produzione lorda di energia termoelettrica tradizionale in Italia, secondo tipo di combustibile (in GWh, 2010-2020)[23]
Fonte | 2010 | 2011 | 2012 | 2014 | 2014 | 2015 | 2016 | 2017 | 2018 | 2019 | 2020 | ||||
Solidi | 39.734 | 44.726 | 49.141 | 45.104 | 43.455 | 43.201 | 35.608 | 32.627 | 28.470 | 18.839 | 13.379 | ||||
Gas naturale | 152.737 | 144.539 | 129.058 | 108.876 | 93.637 | 110.860 | 126.148 | 140.349 | 128.538 | 141.687 | 133.682 | ||||
Gas derivati | 4.731 | 5.442 | 5.000 | 3.426 | 3.104 | 2.220 | 2.832 | 2.501 | 2.520 | 2.452 | 1.697 | ||||
Prodotti petroliferi | 9.908 | 8.474 | 7.023 | 5.418 | 4.764 | 5.620 | 4.127 | 4.083 | 3.289 | 3.453 | 3.175 | ||||
Altri combustibili | 23.361 | 24.519 | 26.589 | 29.410 | 30.549 | 29.556 | 29.980 | 29.263 | 29.312 | 28.652 | 28.871 | ||||
Fonte: Terna, dati storici
Grafico. 1. Quota di mercato del gas russo in Italia nel periodo 1990-2021
Fonte: elaborazione su dati Ministero della Transizione Ecologica
5. Conclusioni
L’approccio seguito dalla Commissione in merito alla gestione dell’attuale crisi energetica si presta ad alcune osservazioni. Le misure proposte colpiscono non tanto perché eccezionali quanto perché appaiono tardive e insufficienti. Il fatto che l’Unione dipenda dal gas russo per circa il 40% del suo fabbisogno e che ciò rappresenti un rischio di natura geopolitica è noto da tempo. Il fatto che il mercato non sia in grado di gestire adeguatamente tale rischio è anch’esso evidente e giustificato dalla mancanza di incentivi a diversificare a causa della maggiore convenienza economica del gas russo, i cui costi di estrazione e trasporto sono più competitivi. Infine, il fatto che il settore elettrico europeo sia dipendente dal gas e quindi altrettanto esposto allo stesso rischio geopolitico è chiaramente osservabile.
Negli ultimi trenta anni, l’Unione ha perseguito tenacemente l’obiettivo di creare il mercato interno dell’energia e di renderlo quanto più possibile concorrenziale attraverso un corpo di regole coerenti e ben articolate, come se fosse un sistema chiuso ed autosufficiente, la cui solidità sia garantita dalla coerenza interna del suo impianto logico. Grande rilevanza è stata data al principio della condivisione delle risorse: gli Stati membri, energeticamente integrati, possono usufruire del soccorso reciproco in situazioni di difficoltà. La crisi attuale svela il re nudo: il sistema non è affatto chiuso e meno che mai autosufficiente e le sue regole non sono necessariamente applicabili ai sistemi limitrofi. In caso di shock esogeni, quali il venir meno di risorse esterne, la condivisione di risorse interne è insufficiente, come dimostra la crisi attuale. Occorre notare che mentre alcuni Paesi confinanti con l’Unione, tra cui l’Ucraina, hanno deciso volontariamente di adottare l’acquis communautaire (cioè i diritti acquisti e gli obblighi giuridici che vincolano gli stati membri dell’Unione europea) in campo energetico (si veda il Trattato istitutivo dell’Energy Community), altri Paesi, come la Russia, sono fuori dal campo di influenza dell’Unione, pur essendone il principale fornitore di materie prime energetiche. L’Unione avrebbe avuto a disposizione, almeno in teoria, due possibili strategie per gestire il rischio geopolitico della dipendenza dal gas russo: rendersi indipendente o condividere con la Russia lo stesso corpo di regole in materia energetica, costituendo con essa un’unica comunità energetica.
La crisi che stiamo vivendo, accanto alle minacce, presenta anche delle opportunità. Una di queste è l’apparente maggiore disponibilità delle istituzioni europee a discostarsi, seppure temporaneamente, dal paradigma liberista in campo energetico. I tempi potrebbe essere maturi per esplorare la possibilità che il settore pubblico intervenga a guidare il processo di transizione anche attraverso forme di gestione diretta dell’attività di produzione di energia.
Lo strumento più appropriato potrebbe essere la pianificazione partecipata. La pianificazione è, solitamente, intesa come processo accentrato in cui l’allocazione delle risorse è decisa gerarchicamente (tipico processo top-down). Ed è noto in questo approccio il modello del pianificatore sociale benevolente. Il principale difetto, oltre alla concentrazione di potere decisionale, è l’elevato rischio che i (pochi) decisori si sbaglino e che i loro errori ricadano su tutta la comunità. Per non dire del fatto che l’ipotesi di benevolenza del pianificatore è un azzardo quasi metafisico. Del resto, l’esperienza storica ha dimostrato che le rare forme di programmazione nell’ambito di una economia di mercato non hanno superato lo stato di mere indicazioni formali, del tutto prive di strumenti cogenti.
La transizione energetica è un processo di sostituzione, su vasta scala, di tecnologie di produzione e consumo con altre tecnologie di produzione e consumo. Questa sostituzione deve avvenire attraverso imponenti investimenti necessari per dismettere fattori produttivi e costruirne nuovi. Le decisioni di investimento devono essere coordinate in modo da garantire che il sistema sia totalmente trasformato e il processo di transizione non subisca strozzature che si riflettono sull’offerta.
La soluzione liberista diretta a sviluppare i mercati a termine e lasciare che produttori e consumatori si coordinino in tali mercati, appare inadeguata a garantire il compimento di un processo così complesso, incorrendo in fallimenti di mercato. Nella fase di transizione gli interessi privati, le convenienze di profitto, potrebbero prevalere sulle esigenze collettive, rendendo debole il processo di transizione in zone con un livello di sviluppo inferiore a quello medio, e privilegiando all’opposto le regioni più sviluppate che assicurano maggiori rendimenti agli investimenti.
Per evitare gli effetti negativi dei fallimenti di mercato, si deve superare il concetto di energia come merce e cominciare a guardare la sicurezza energetica come un diritto di cittadinanza, assicurando che il sistema di produzione sia in grado di soddisfare la domanda di energia elettrica al prezzo più basso possibile senza strozzature, razionamenti o esclusione della popolazione più povera, e nello stesso tempo garantire la compatibilità ambientale. La transizione ecologica sposterà le risorse verso energie rinnovabili che utilizzeranno beni pubblici per definizione, come il vento o il sole, e quindi la gestione della fornitura deve essere ricondotta sotto diretto controllo pubblico, integrando ed in parte superando il modello della regolamentazione dell’iniziativa privata, che non sembra dotato di sufficienti strumenti per assicurare la sicurezza energetica, soprattutto in momenti di crisi. La gestione pubblica ovviamente deve essere definita a livello europeo, adottando un modello “a rete”, dotato di un centro di coordinamento collegato ai punti nazionali di elaborazione di proposte ed implementazione delle decisioni. Questa sorta di Ente Energetico Europeo dovrebbe pianificare per tutta l’Unione Europea l’acquisizione delle risorse energetiche, la loro allocazione, la definizione delle tariffe (anche differenziate per nazione o regione sulla base dello sviluppo economico locale), e dei limiti di consumo energetico, mentre agli organi nazionali spetterebbe la distribuzione locale. Occorre, tuttavia, evitare che il centro di coordinamento sia affidato ad una tecnocrazia autoreferenziale, sottratta al controllo democratico dei cittadini europei. Al contrario, il processo di pianificazione dovrebbe prevedere il più possibile il contributo di tutti i soggetti interessati.
Sotto l’egida dell’Ente Energetico Europeo, la transizione potrebbe essere attuata attraverso un programma di sostituzione coordinato; una sorta di accordo su ampia scala, in cui produttori e consumatori si sostengono a vicenda per garantire che la modificazione dei processi di produzione e consumo non penalizzi nessuno. In breve, una soluzione cooperativa e una programmazione partecipata. Tale concetto non è estraneo al mondo politico europeo, si pensi ad esempio alla proposta del candidato alle recenti elezioni presidenziali francesi, Jean Luc Mélenchon, di pianificazione ecologica, basata su un processo di consultazione decentralizzato.
In questo processo, i pianificatori dell’Ente Energetico Europeo dovrebbero tener conto delle informazioni trasmesse da tutti gli agenti economici promuovendo processi decisionali il più possibile allargati, nel rispetto delle tempistiche molto stringenti che gli obiettivi di urgente decarbonizzazione impongono. Ma si tratta di un processo tutto da costruire che definisce un nuovo programma di politica energetica per il prossimo decennio.
Appendice
Tabella A1. Principi generali a cui devono ispirarsi le regole sul mercato all’ingrosso
Le regole sul mercato devono agevolare la concorrenzaconsentire l’accesso e l’uscita delle imprese in base alle loro valutazioni di sostenibilità economicagarantire ai partecipanti al mercato il diritto di ottenere l’accesso alle reti in base a criteri oggettivi, trasparenti e non discriminatorifavorire la libera formazione dei prezzi in base alla domanda e all’offertaimpedire che il prezzo all’ingrosso dell’energia elettrica abbia un limite massimo o un limite minimopermettere la decarbonizzazione, consentendo l’integrazione dell’energia elettrica da fonti rinnovabili e fornendo incentivi all’efficienza energeticaoffrire incentivi per gli investimenti di lungo termineprovvedere alla sicurezza dell’approvvigionamento | Art. 3 Regolamento 2019/943 Art. 10.1 Regolamento 2019/943 |
Le regole sul mercato a pronti devono fare in modo che prezzi riflettano i fondamentali del mercato garantire la trasparenza dell’informazione senza pregiudicare la riservatezza delle informazioni commercialmente sensibiliassicurare la sicurezza operativa | Art. 7 Regolamento 2019/943 |
Le regole sul mercato a termine devono assicurare che i prodotti di copertura a lungo termine siano negoziabili in borsa in modo trasparente e i contratti di fornitura di energia elettrica a lungo termine siano negoziabili fuori borsaconsentire ai gestori dei mercati di sviluppare prodotti di copertura a terminepermettere ai partecipanti al mercato di coprire i rischi di fluttuazione dei differenziali di prezzo tra zone di offerta | Art. 3 e 9 Regolamento 2019/943 |
Tabella A2. Obblighi e divieti posti in capo agli Stati membri in relazione al mercato all’ingrosso
Divieto di ostacolare gli scambi transfrontalieri di energia elettrica | Art. 3.1 Direttiva 2019/944 |
Obbligo di rimuovere le barriere all’ingresso al e all’uscita dal mercato | Art. 3.3 Direttiva 2019/944 |
Obbligo di garantire l’accesso di terzi alle reti | Art. 6 Direttiva 2019/944 |
Obbligo per gli Stati membri di separare la gestione della rete di trasmissione dalle altre fasi della filiera elettrica, attraverso l’applicazione di uno dei modelli di separazione consentiti (separazione proprietaria, gestore di sistema indipendente, gestore di sistema di trasmissione indipendente) | Capo IV direttiva 2019/944 |
* Ufficio Speciale Regolazione Euro-Unitaria dell’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (ARERA). Ogni commento è espresso a titolo personale e non coinvolge in nessun modo l’ARERA.
** Università di Napoli Federico II, Dipartimento di Giurisprudenza.
[1] Occorrerebbe distinguere tra dipendenza da fonti interne all’Unione e dipendenza da fonti esterne. Il meccanismo di condivisione delle risorse che vige nell’Unione dovrebbe rendere meno grave la dipendenza da fonti interne all’Unione. Il problema si pone quando è l’Unione nel suo complesso ad essere dipendente da fonti esterne, come appunto avviene per il gas.
[2] Sui problemi della transizione da fonti fossili a fonti rinnovabili, si veda Bardi, U. 2003. La fine del petrolio Combustibili fossili e fonti energetiche nel ventunesimo secolo, Roma, Editori Riuniti.
[3] Come questo grafico ben evidenzia, l’Italia produce solo il 24% dell’energia che consuma. Ciò che rileva è la provenienza del rimanente 76%. Se la provenienza fosse interna all’Unione o interno ad accordi sovranazionali sarebbe più affidabile.
[4] Memoria per la 10a Commissione Industria Commercio Turismo del Senato della Repubblica, 14 febbraio 2022.
[5] Nel 2020, per effetto della pandemia, le quotazioni del petrolio sono diminuite del 35%, con il Brent valutato sotto i 20$ al barile in aprile, incrementando il surplus delle scorte. La domanda del gas naturale è diminuita del 2% raggiungendo i prezzi minimi dell’ultimo decennio. Solo il carbone, a livello mondiale, ha mantenuto un ruolo importante nella produzione di energia elettrica, mantenendo una quota del 38%, in linea con l’anno precedente. Infine, la domanda di energia da fonti rinnovabili è cresciuta nonostante lo shock pandemico.
[6] Il mercato del gas naturale ha una struttura regionale per la sua difficoltà nel trasporto ed è basato su infrastrutture rigide come i gasdotti, che vincolano strettamente il produttore e consumatore. Il prezzo del gas è stabilito attraverso due forme contrattuali: il contratto con clausola Take or Pay e il contratto Spot. Il Take or Pay è un contratto di lungo periodo (20-25 anni) in cui il paese importatore paga ad un prezzo indicizzato legato al prezzo del petrolio, indipendentemente dal consumo, che può essere anche inferiore a quello stabilito nel contratto. In pratica, l’importatore garantisce al fornitore ricavi pari fino al 90% del valore complessivo del contratto, indipendentemente dai volumi prelevati Questa forma contrattuale serve a ripagare il costo delle infrastrutture e a confermare l’affidabilità del fornitore. I contratti spot sono di breve durata con prezzi determinati in base all’andamento della domanda e dell’offerta e quindi non legati all’andamento del prezzo del petrolio. I contratti spot vengono definiti in hub, i punti di snodo delle pipeline, o in mercati virtuali (il principale hub europeo è Title Transfer Facility o Dutch TTF gas).
[7] Articolo 26 e articoli da 28 a 37 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE).
[8] I principali sono: Direttiva 1996/92 sul mercato interno dell’elettricità e Direttiva 1998/30 sul mercato interno del gas, Direttiva 2003/54, Direttiva 2003/55, Regolamento 1228/2003, Direttiva 2009/72, Direttiva 2009/73, Regolamento 713/2009, Regolamento 714/2009 e Regolamento 715/2009, Direttiva 2019/944, Regolamento 2019/941, Regolamento 2019/942, Regolamento 2019/94.
[9] COM (2022) 230 del 18.05.2022
[10] COM(2021) 660 del 13.10.2021.
[11] Per una disamina delle posizioni espresse dagli Stati membri si veda https://www.bruegel.org/publications/datasets/national-policies-to-shield-consumers-from-rising-energy-prices/
[12] Battle C. – Schittekatte T. – Knittel C. “Power price crisis in the EU: Unveiling current policy responses and proposing a balanced regulatory remedy”, MIT Energy Initiative, Woriking Paper, February 25, 2022.
[13] ACER’s Final Assessment of the Wholesale Electricity Market Design, https://www.acer.europa.eu/events-and-engagement/news/press-release-acer-publishes-its-final-assessment-eu-wholesale
[14] COM (2022) 221 del 18.05.2022. La Comunicazione prevede, tra le altre cose, la proposta di imporre l’obbligo di installazione di pannelli solari sui tetti dei nuovi edifici pubblici e commerciali (con superficie superiori ai 250 mq) entro il 2026 e di estendere tale obbligo a tutti gli edifici pubblici e commerciali (con superficie superiori ai 250 mq) entro il 2027 ed infine a tutti i nuovi edifici residenziali entro il 2029.
[15] C (2022) 3219 del 18.05.2022.
[16] “A sostegno di REPowerEU sono già disponibili 225 miliardi di € sotto forma di prestiti nell’ambito del dispositivo per la ripresa e la resilienza (RRF)”, https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/it/IP_22_3131.
[17] Il Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima 2030 (PNIEC) è lo strumento per indirizzare la politica energetica e ambientale verso la de carbonizzazione in attuazione del Regolamento UE 2018/1999. Il PNRR come è noto, è Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza che destina 59,47 miliardi di euro alle tematiche della rivoluzione verde e della transizione ecologica.
[18] L’industria elettrica nacque in Italia alla fine del XIX secolo utilizzando prevalentemente fonti idriche, sfruttando la situazione geografica e orografica della penisola per affrancarsi dalla dipendenza dal carbone.
[19] Le tappe fondamentali, dopo il decreto Bersani, sono segnate da altri provvedimento legislativi: il Dlgs 164/2000 (noto come Decreto Letta) in attuazione della direttiva comunitaria 98/30/CE, che segna la liberalizzazione del mercato del gas naturale; la legge 40/2007 (nota come Decreto Bersani Bis), in materia di promozione della concorrenza, tutela dei consumatori e liberalizzazioni di tariffe aeree e telefonia; la legge 4 agosto 2017, n.124, art.1, comma 59, con la quqle viene rinviata la completa liberalizzazione del mercato energetico al Luglio 2019; il D.L. 25 Luglio 2018, n.91 (noto come Decreto “Milleproroghe” 2018), che proroga ulteriormente il passaggio al mercato libero a Luglio 2020; il D.L. 30 dicembre 2019, n. 162, (Decreto mille proroghe 2020), che proroga nuovamente la transizione al mercato libero a gennaio 2024. Per il passaggio dall’ordinamento nazionale alla regolamentazione europea si veda: Prontera, A. “L’europeizzazione della politica energetica in Francia e Italia”, Stato e mercato, aprile 2008, No. 82 (1), pp. 111-141. Sulla politica energetica in Italia si veda Lanza, S. – Silva, F. 2006. I servizi pubblici in Italia: il settore elettrico, Bologna, Il Mulino.
[20] Il mercato tutelato, o anche definito Servizio di Maggior Tutela, è basato sul regime tariffario stabilito dall’ARERA, che fissa il prezzo di luce e gas e lo cambia trimestralmente a seconda dell’andamento del mercato. Nel mercato libero, invece, basato sulla libera concorrenza, le condizioni economiche sono definite dal fornitore, il quale può proporre diverse offerte di fornitura luce e gas e servizi e praticare promozioni aggiuntive. Il prezzo fissato da ARERA per il mercato tutelato è basato sul costo medio di approvvigionamento dell’Acquirente Unico (AU). Poiché AU si approvvigiona solo sulla Borsa Elettrica, di fatto la tariffa di ARERA non è altro che il prezzo medio di acquisto sul mercato all’ingrosso. Ecco perché, se il prezzo del mercato all’ingrosso sale, anche la tariffa dei tutelati sale. La tutela consiste nel consentire al cliente finale al dettaglio di comprare ad un prezzo molto prossimo al prezzo all’ingrosso.
[21] L’allora Gestore del Mercato Elettrico, successivamente diventato Gestore dei Mercati Energetici.
[22] In Italia la fornitura di energia elettrica dipende ancora dal gas, prevalentemente russo, per il 53,9% e dal carbone per l’8,5%, mentre le rinnovabili si attestano intorno al 31,4%, con l’idrico al 10,5% e l’eolico e il solare sopra il 9% Il ricorso al gas liquido GNL per sostituire parte del gas russo, è economicamente insostenibile e la sua produzione mondiale non è ancora in grado di soddisfare le richieste europee. Il GNL ha un prezzo cinque volte superiore al gas russo e la capacità di rigassificazione europea non è ancora integrata con il sistema di infrastrutture esistenti. La sostituzione del petrolio con il gas naturale come combustibile delle centrali termoelettriche, a partire dagli anni Novanta del secolo scorso, fu motivata sia per la minore oscillazione del prezzo del gas rispetto al petrolio, sia perché il gas proveniva da aree considerate meno instabili politicamente, una previsione che oggi è stata contraddetta dai fatti.
[23] Solidi: carbone nazionale, carbone estero, lignite. Gas derivati: gas da acciaieria a ossigeno, gas d’altoforno, gas di cokeria. Prodotti petroliferi: distillati leggeri, gasolio, olio combustibile, gas di raffineria, coke di petrolio, orimulsion. Altri combustibili: gas residui di processi chimici, catrame, calore di recupero da pirite, altri combustibili.